Evidentemente ci sono film un po’ più gay di altri o quantomeno un po’ troppo gay per il sottoscritto, se è vero che alla proiezione di ieri sera di Taekwondo di Marco Berger e Martín Farina in diversi momenti metà sala esplodeva in sonore risate mentre io rimanevo impassibile non afferrando minimamente cosa ci fosse di esilarante nella situazione. “Cose da gay”, appunto, e lo dico con tutta l’ironia del caso e con la consapevolezza che questo vuol dire che il film ha centrato in pieno il tema affrontato.
Abbiamo otto giovani baldanzosi e muscolosi, esplodenti testosterone, che passano un periodo comune in una villa con piscina a non fare assolutamente nulla se non oziare, un po’ di sport, bere e fumare…
Tra loro c’è anche un ragazzo segretamente gay (nel senso che gli altri non lo sanno) e segretamente innamorato del suo amico (nel senso che lui non lo sa).
Il film è un susseguirsi di corpi nudi e mezzi nudi, con la macchina da presa che indugia concupiscente su muscoli, volti e dettagli vari dei baldanzosi corpi, anche sui dettagli meno accettati dalla censura (ci siamo capiti).
Questo vuoto di attività si riempie di emozioni e sensazioni, profumi, odori, pensieri. I ragazzi discutono, litigano, fanno quello che fanno i ragazzi in quella situazione. Attendono le ragazze (un paio arrivano davvero).
E intanto il nostro si mortifica nell’incapacità di farsi avanti e soffre di tutta quella carne fresca e musolosa che si muove intorno a lui.
Si tratta di un film molto visivo. I dettagli dei corpi hanno grande peso, come pure la composizione delle inquadrature, che spesso ricordano veri e propri quadri composti dal posizionamento dei corpi sullo schermo. Estetismo allo stato puro.
Il finale non ve lo rivelo.