Dimenticate tutto l’ultimo Roland Emmerich che avete conosciuto. Niente devastazioni e catastrofi, niente apocalissi. Con Stonewall Emmerich torna a raccontarci una storia intima (anche se collettiva), una vicenda che ha segnato la storia, facendolo però dal punto di vista di un gruppetto di anonimi protagonisti.
Danny è un ragazzino della provincia americana. E’ gay e quando questa cosa viene scoperta in paese ed arriva alle orecchie del padre, non gli rimane altro che fare la valigia e scappare. Si ritrova a New York, siamo nel 1969, nella strada in cui vive, per lo più sul marciapiede, un’ampia schiera di giovani gay che per vivere si prostituiscono.
Danny viene accolto, con modi spicci e travolgenti, da Ray e dai suoi amici (di sventura) ed entra in un mondo che non conosce, in cui però non tarda a riconoscersi.
Non è un momento qualunque per entrare nel giro. Proprio in quella strada sorge Stonewall, noto locale gay (in mano alla mafia), dove tempo tre mesi scoppierà la più famosa rivolta contro le retate della polizia della storia americana. Da lì partirà la marcia di liberazione gay e nascerà il primo Gay Pride.
Sul film di Emmerich co sono state polemiche in America, perchè non racconta la storia in maniera precisa, taglia via alcuni personaggi fondamentali di quella storia (qui la trovate raccontata), in particolare alcune importanti figure di trans.
A me sembra semplicemente che Stonewall non è un documentario su Stonewall, ma un buon film che racconta la vita nel 1969 di un gruppo di giovani gay newyorkesi che si trovano in mezzo alla storia e finiscono per farne parte. Ed è un ottimo modo per far conoscere Stonewall mainstream a tutti coloro che di Stonewall non hanno mai sentito parlare e credono che il gay pride sia una carnevalata di checche isteriche.
A margine: splendidi Jonny Beauchamp e Vladimir Alexis Vladimir Alexis