Surreale e amaro esordio per Joaquín del Paso. Il suo Maquinaria Panamericana è una commedia nera sulle difficoltà del mondo del lavoro oggi. Solo che il linguaggio utilizzato è quello della follia surreale.
Siamo in una storica fabbrica messicana, dove tutto sembra funzionare alla perfezione. Sorrisi, gente che arriva felice al mattino, una radio interna, una zona relax (molto relax), tecniche innovative, torte per festeggiare i compleanni. Poi però muore il capo e si scoprono gli altarini.
La fabbrica è fallita da anni e solo la magnaminità del capo ha permesso di mantenere il posto di lavoro ai suoi dipendenti, pagando di tasca propria gli stipendi. Ora, di colpoo, tutto crolla. Vengono fuori rivalità e malumori e i lavoratori si barricano in fabbrica per organizzare una sorta autogestione.
Ne verrà fuori una debacle totale.
Il tono del racconto è totalmente surreale. Osserviamo 24 ore di vita in cui succede di tutto. E quasi tutto senza alcun senso logico. Si sorride, più che ridere. Del resto l’amarezza nera trionfa.
Però sotto (anzi, direi abbastanza evidente) c’è il racconto di una società in crisi, di un mondo del lavoro che non riesce a risollevarsi e di tutte le problematiche di contorno.
In definitiva una black comedy molto apprezzabile.