Dopo aver dedicato le due sale di prima visione del Cinema Massimo a Cabiria – capolavoro del cinema muto italiano prodotto nel 1914 dalla torinese Itala Film – e a Gianni Rondolino – uno dei più importanti storici del cinema e fondatore del Torino Film Festival -, il Museo Nazionale del Cinema intitola oggi la sala dedicata alla programmazione da cineteca a Mario Soldati, del quale ricorre quest’anno il ventennale della scomparsa.
Scrittore, giornalista, sceneggiatore e regista sia cinematografico e televisivo, Soldati ha attraversato tutto il Novecento facendosene testimone e interprete acuto e ‘fraterno’ (la definizione è di Pasolini), trovandosi sempre in prima linea nei momenti cruciali del cambiamento. Figlio della vivacissima Torino degli anni Venti – quella di Gobetti, Casorati e Gualino -, Soldati intuisce la straordinaria forza del cinema e, nel 1931 – sfumata la carriera universitaria per il rifiuto di iscriversi al Partito fascista, inizia a collaborare con la Cines-Pittaluga. Dopo aver esordito alla Lux di Gualino con Due milioni per un sorriso nel 1938, gira negli anni di guerra capolavori Dora Nelson, Piccolo mondo antico, Malombra. Nel 1948, con Fuga in Francia, affronta coraggiosamente il tema degli ex gerarchi fascisti che tentano di sottrarsi alla giustizia, cui si affiancano, tra gli altri, Le miserie del signor Travet (1945) e La provinciale (1954) con Gina Lollobrigida.
Nel dopoguerra all’intensa opera di scrittore, si affianca l’attività di regista e conduttore della neonata televisione, per cui realizza trasmissioni leggendarie come Viaggio nella Valle del Po. Alla ricerca dei cibi genuini (1956); Chi legge? (1960); I racconti del maresciallo (1967). Nell’impossibilità di ridurre in poche righe Mario Soldati scrittore, vale comunque la pena di ricordare – perché riflettono il suo grande amore per il cinema (oltre al romanzo d’esordio America primo amore, 1935), 24 ore in uno studio cinematografico (1935) che descrive in forma narrativa la realizzazione di un film; e Le due città (1964), sulle vicende – in parte autobiografiche – di un intellettuale diviso tra Torino e Roma.