Il TOHorror Film Fest giunge alla sua 18° edizione (10-14 ottobre 2018) proseguendo quel cammino evolutivo che lo ha caratterizzato fin dagli albori. Un cammino che, pur avendo come bussola il cinema horror e l’immaginario fantastico, non teme di deviare in altri territori. Il festival arriva così nel 2018 con la voglia di rimettersi in gioco ancora una volta e ampliare ulteriormente gli orizzonti, portando con sé novità importanti e il desiderio sempre vivo di essere un evento eterogeneo, multiforme, rivolto a chiunque.
La sezione Fuori Concorso si apre con il vincitore della scorsa Quinzaine des Réalisateurs: “Climax” di Gaspar Noé, uno dei registi più visionari e divisivi degli ultimi anni, capace di creare scandalo (come nel caso di “Irréversible”, con Monica Bellucci e Vincent Cassel) quanto di proporsi al pubblico con uno stile personale e sempre riconoscibile. Al suo fianco, “Dog” di Samuel Benchetrit, commedia nera già a Locarno 70, lontana parente del “Dogman” di Garrone, con Vanessa Paradis e un formidabile Vincent Macaigne. Ci sarà poi “Laissez Bronzer les Cadavres” della coppia (nell’arte e nella vita) Hélène Cattet & Bruno Forzani, folle pulp psichedelico tratto da un romanzo di Jean-Patrick Manchette, forte dei passaggi a Locarno e Toronto. Dal Sundance 2018 arriva invece “Summer of 84”, del trio di registi canadesi RKSS, che fra thriller e racconto di formazione rispolvera le atmosfere anni ’80 ibridando “Stranger Things” e Hitchcock. Chiude il cartellone “Housewife”, il nuovo film di Can Evrenol, giovane regista turco divenuto di diritto con il precedente “Baskin” una delle più belle rivelazioni dell’horror contemporaneo, e che qui conferma l’influenza diretta del cinema di genere italiano già dichiarata nell’opera prima.
I lungometraggi in concorso saranno otto (di cui sette in anteprima italiana). Sette i paesi rappresentati, per un giro intorno al mondo a partire dall’Iran di “Pig”, nuova fatica di Mani Haghighi (regista di “A Dragon Arrives!”), che sbarca al TOHorror dopo essere stato in concorso al 68° Festival di Berlino. Un film che riflette con ironia sulla libertà creativa e sull’attuale situazione politica Iraniana, e che fra teste mozzate e registi bloccati dal governo lancia un chiaro messaggio anti-censura. Si va quindi in Messico con “Tigers Are Not Afraid” di Issa López, uno sguardo lucido sulle problematiche sociali messicane, rilette in chiave di fiaba oscura. Un’opera forte e commovente, che ha stregato Stephen King e il premio Oscar Guillermo del Toro. Produzione inglese ma ambientazione rigorosamente cubana per “Is That You?”, formidabile esordio di Rudy Riverón Sánchez che, senza essere derivativo, si apparenta naturalmente alle raggelanti ricognizioni nel male quotidiano di autori come Haneke e Lanthimos. Il cinghiale gigante di “Boar” di Chris Sun arriva invece dall’Australia, portandosi appresso Bill Moseley (attore feticcio di Rob Zombie) e tutto l’amore per un cinema horror onesto e viscerale oggi quasi estinto, tra franchise infiniti e sterili escamotage per spaventare lo spettatore. Altro esordio per “Dhogs” di Andrés Goteira, film girato tutto in galiziano che, tematicamente e strutturalmente, si piazza dalle parti del capolavoro di Carax “Holy Motors”. Infine gli Stati Uniti, con due film diversissimi ma entrambi capaci di leggere il cuore del paese: “Derelicts” di Brett Glassberg, delirante scorribanda pop che rinnova il genere dell’home invasion, e “St. Agatha”, dell’esperto Darren Lynn Bousman, già all’opera con molti episodi della saga “Saw”; un film che dietro l’aspetto thriller-horror parla di maternità, di libertà di scelta, di indipendenza femminile, riallacciandosi a uno dei temi più discussi e spinosi del nostro contemporaneo.
Infine, la prossima settimana sarà annunciato il film a sorpresa di quest’anno: un’opera che da inizio 2018 ha girato con successo dozzine di festival in tutto il mondo, diventando di fatto un caso, e che in patria, laggiù nell’estremo oriente, sta sbancando il botteghino.
Si muove nella stessa direzione dei lungometraggi la sezione cortometraggi, dove una nutrita compagine di giovani autori italiani sfila accanto a registi internazionali in grado non solo di fornire con i propri lavori un termometro della salute cinematografica oggigiorno, ma anche di confermare quanto l’immaginario fantastico sia ancora uno degli strumenti più adatti per misurarsi con l’attualità.
In prima linea “Birthday” di Alberto Viavattene (già collaboratore di Paolo Sorrentino), opera nata anche grazie al supporto di Film Commission Torino Piemonte e che vede nel cast Roxane Duran (“Il nastro bianco”) e Sydne Rome. Accanto a lui, la bandiera nazionale può contare anche (ma non solo) su “Twinky Doo’s Magic World”, prodotto dal digital studio I Licaoni, con Guglielmo Favilla, attore già visto in “Tutti i soldi del mondo” di Ridley Scott. Oltre alle produzioni nostrane, in competizione ci saranno film provenienti da Portogallo, Israele, Finlandia, Spagna, Germania, Irlanda, Francia, Belgio, Messico. Fra i titoli made in USA ci sarà Pipe di Max Isaacson, storia post-apocalittica che si avvale della prova di Zoe Bell e Tracie Thoms, due delle eroine spericolate di “A prova di morte” di Quentin Tarantino; mentre dall’Australia arriva Avulsion di Steve Boyle, maestro di effetti speciali e make-up, collaboratore fisso dei fratelli Spierig (“Predestination”; “Daybreakers”).
Infine, la sezione animazioni: un giro di giostra fra le tecniche e gli umori più diversi, a riprova (semmai ce ne fosse bisogno) di quanto il cinema d’animazione sia uno dei media più maturi, creativi e liberi di questi tempi. Lo dimostra ad esempio “Framed” di Marco Jemolo, stop motion vincitore (fra gli altri) di due premi allo scorso gLocal Film Festival di Torino e menzione speciale al FIPILI Horror Festival 2018. Accanto a lui, i robot umanoidi di Donato Sansone (“Robhot”), fresco della regia dell’ultimo videoclip dei Subsonica; le stelle del muto rilette in chiave surreale di “Edge of Alchemy”, di Stacey Steers; le atmosfere alla Tim Burton di “The Death, Dad & Son”, di Denis Walgenwitz e Winshluss.
Altrettanto folto e vario il cartellone offscreen. Al Blah Blah Cineclub saranno numerosi gli incontri dedicati alla letteratura, affiancati da focus dedicati ai fumetti, ai videogames, alla musica, alle professioni del cinema e molto altro, per un programma che forse mai come in questa edizione del festival avrà l’obiettivo di tracciare percorsi dentro e attorno i campi più disparati della cultura e dell’intrattenimento. Per il programma completo vi rimando al sito.