Lo splendido Close-knit, della giapponese Naoko Ogigami, ha dato un assaggio di quello che sarà l’ormai imminente Lovers Film Festival, il fu Torino Gay & Lesbian Film Festival passato dalle mani storiche e esperte del suo fondatore Giovanni Minerba a quelle giovani e appassionate di Irene Dionisio.
Il film della Ogigami, tappa di avvicinamento al Lovers, è una narrazione splendida e delicata con al centro la questone della transegenitorialità. Tomo è una bambina di 11 anni con una mamma totalmente assente e senza padre. Quando, per l’ennesima volta, la madre scompare senza dire nulla lei si rifugia dallo zio.
Questi nel frattempo ha iniziato una relazione con una transessuale, Rinko, che ha completato il suo percorso di trasformazione ed è ora una donna. Tomo, superato lo smarrimento iniziale (più che altro quello di non avere lo zio – e la Wii – tutto per se), si affeziona naturalmente a Rinko, in cui vede finalmente quella figura materna che le è totalmente mancata.
Il film viaggia su vari livelli. La situazione in casa è quasi idilliaca, finalmente un periodo di serenità per la piccola e finalmente la possibilità per Rinko di esprimere nella totalità la sua necessità di essere donna. A volte anche in maniera forzata, eccessiva, esagerata (fantastiche le sequenze insistite con i tre che lavorano a maglia). Fuori invece la diffidenza, ma non di tutti.
Le differenze si vedono in particolare nei personaggi femminili. Abbiamo la piccola Tomo, donna in costruzione, Rinko, donna nuova e vogliosa di esprimere fortemente quella femminilità da poco pienamente conquistata, poi la mamma di Tomo, che non conosciamo come donna ma scopriamo totalmente mancante come madre. E ancora la madre di Rinko, che ha sempre appoggiato e semplificato il processo di trasformazione del figlio in donna. Poi la mamma di un compagno di classe di Tomo, che invece non riesce ad accettare che il bambino abbia (appena) scoperto la propria omosessualità. Insomma un panorama femminile molto vasto e variegato.
Close-knit è pieno di simboli, di storie, di significati. Viaggia su toni dolci e delicati ma non mancano momenti fortemente drammatici. Soprattutto affronta il tema della transgenitorialità, fin qui poco toccato dal cinema (e meno ancora dal dibattito sociale e politico).
E sullo stesso tema Irene Dionisio ha guidato il dibattito che è seguito, con Porpora Marcasciano (Presidente onoraria del MIT – Movimento Identità Transessuale), Chiara Bertone (Professoressa di Sociologia dei Processi Culturali) e Cristian Ballarin (Torino Pride).
Per la cronaca (ottima cronaca): la sala 1 del Massimo era bella piena.