E’ un ottimo film Canibal, difficile da categorizzare come horror. Manuel Martín Cuenca realizza più che altro una storia d’amore, o forse un film introspettivo, l’analisi di una mente, di un comportamento.
Tutto è chiaro fin da subito. Il protagonista provoca un incidente, porta via la ragazza morta, la stende sul tavolaccio e con meticolosa precisione la affetta surgelando delle belle fettazze di carne da gustare poi con calma.
Poi però di giorno è uno stimato sarto, molto apprezzato, persona solitaria e delicata.
Quando però arriva una vicina di casa bella e gentile a cercare la gemella scomparsa ecco che qualcosa succede nella testa del mostro, qualcosa di semplice: si innamora. Ed allora le cose cambiano, suo malgrado.
Ecco quindi che siamo di fronte ad una storia d’amore, per quanto singolare, per quanto atipica.
Cuenca scende a fondo nella mente del protagonista (ottimo Antonio de la Torre), la analizza, cerca di mostrarci come possono cambiare le cose, approfondisce.
Tutto nel silenzio assordante del film quando c’è lui in scena perchè il personaggio è solitario, silenzioso, rimugina, vive la sua concentrazione e la sua follia cinica e gelida.
Inquietante la cura dei dettagli e la lentezza con cui si prepara i piatti da gustare, semplici fette di carne che però lo spettatore sa da dove arrivano.
Il film è elegante, raffinato, l’attenzione alle inquadrature è massima, come pure l’evoluzione della storia.
E poi c’è Olimpia Melinte, che è molto brava, interpreta entrambe le sorelle e siccome era in sala posso anche dirvi che ha un sorriso devastante