Blood pressure è un thriller atipico, un ottimo film. Avvicente, capace di tenere alto l’interesse, di creare domande. Sean Garrity fa un bel lavoro partendo da un’idea interessante e decisamente inquietante.
Lei fa la farmacista, ha un marito disilluso, due figli delusi, un capo che non le lascia tregua. Poi arrivano una serie di lettere anonime a tappe successive con cui un misterioso personaggio le offre di cambiare vita, le offre un’opportunità senza dirle quale.
La cosa naturalmente la affascina, anche perchè il personaggio misterioso le lascia regali e la sorprende continuamente. Spetta a lei decidere se andare avanti nel gioco pericoloso che ha intrapreso.
L’idea di essere osservati da qualcuno che sa tutto di noi è inquietante anche quando, come in questo caso, non ha nulla a che vedere con il Grande Fratello ma è legata ad un singolo. Del resto l’idea di cambiare vita, di lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare è un pungolo troppo pressante per lasciar perdere tutto.
Garrety si diverte con la grafica in sovrimpressione e con una serie di inquadrature dall’alto, ma è la costruzione della storia a funzionare alla grande. Il mistero, le domande che si affollano. Chi è l’uomo misterioso? Chi è l’uomo che le chiede di seguire? Perchè accade tutto questo?
Il mistero si porta parecchio avanti nel film ma anche quando viene risolto la faccenda rimane interessante perchè si cambia registro e la storia diventa inquietante rimanendo misteriosa. Le domande cambiano, si va avanti, i dubbi crescono, diventano morali, esistenziali.
L’evoluzione dei personaggi è ampia, ben costruita.
Un gran lavoro davvero…