Poi arriva il film che ti sorprende. Vai a vedere Philippino Story e ti aspetti un mattonazzo sulla prostituzione giovanile nelle Filippine e invece Benji Garcia tira fuori una storia di infinita dolcezza.
Philip si prostituisce per mantenere il fratello e la di lui moglie nella baraccopoli in cui vivono insieme. Tra i suoi clienti c’è un pittore di mezza età, che è completamente innamorato perso di lui. Non si tratta solo di sesso, c’è un amore vero, concreto. E le vicende che si susseguiranno nel film porteranno anche il giovane a ricambiare questo affetto e trasformeranno completamente il rapporto tra i due.
Non lasciatevi sviare da quello che ho appena scritto. Non è la classica storia di prostituzione che si trasforma in amore vero, ma non voglio raccontarvi il dettaglio di quanto accade.
La vicenda è comunque cruda, una storia di povertà e compromessi, di pugni di riso guadagnati giorno dopo giorno. Una storia in se squallida (peraltro è il terzo film sulla prostituzione giovanile che mi ritrovo a vedere in questo TGLFF30) ma che viene raccontata con infinita dolcezza.
Mark Gil da vita ad un personaggio quasi poetico (che inevitabilmente in Asia assurgerà al ruolo di mito visto che l’attore è morto poco dopo la fine delle riprese) e la sua è davvero un’interpretazione importante.
La splendida inquadratura finale del film (per la verità non certo nuova) racconta tutto il dolore, l’amore, l’affetto, la disperazione. Tutto racchiuso in pochi secondi di un corpo nudo rannicchiato in una vasca da bagno.
La dolcezza infinita del racconto è accompagnata da una colonna sonora estremamente delicata, che sembra stonare con la vicenda raccontata ma si adatta perfettamente ai due protagonisti.