La crisi delle televisioni piemontesi e il modello di business delle televendite

Lo Spiffero racconta la crisi nera nera delle televisioni locali

Le tv private locali in Piemonte sono al collasso. Entro pochi mesi il 50% delle emittenti regionali potrebbe chiudere definitivamente. Sono dati impietosi quelli snocciolati dal presidente delCorecom del Piemonte, l’ex caporedattore RaiBruno Geraci, nel corso della riunione congiunta della III Commissione del Comune diTorino, presieduta da Domenico Mangone, e della Conferenza dei capigruppo. Tra le reti che annaspano ci sono Telesubalpina, Videogruppo, Quinta Rete, Telestudio e Grp. Potrebbero avere le settimane contate, lasciando a spasso oltre 100 tra impiegati e giornalisti, senza tener conto dell’indotto. Telesubalpina, a lungo voce ufficiale della diovesi poi ceduta ai paolini, rischia di staccare la spina già quest’anno, probabilmente assorbita da Telenova, la sua casa madre lombard-albese. Come lei potrebbero finire molte altre reti piemontesi, tutte inglobate dal sistema televisivo lombardo, decisamente più solido e robusto. Alla base di questa profonda crisi i massicci investimenti economici, causati dal passaggio al digitale terrestre con relativa moltiplicazione dei canali e conseguente necessità di trovare contenuti adeguati per far fronte a all’improvvisa abbondanza di canali televisivi. Investimenti sostenuti proprio mentre a causa della crisi crollano le inserzioni pubblicitarie.

Detto ciò, non può sfuggire come negli ultimi 10 anni almeno, le tv locali abbiano abdicato al loro ruolo, accontentandosi, negli anni delle vacche grasse e delle generose elargizioni pubbliche, di riempire i propri palinsesti di televendite, maghi e soprattutto, chat line erotiche: fin quando è sato loro concesso. La regola applicata da tanti sedicenti editori consisteva in “camera e cucina”, quanto bastava per mandare in onda trasmissioni cassetta e da un’improvvisato studiolo far leggere qualche lancio Ansa. Ora i nodi sono venuti al pettine. E non può sfuggire che proprio quando il digitale terrestre ha garantito una maggiore offerta di spazi, da riempire attraverso programmi di qualità, un sistema che da anni ormai non funzionava è crollato.