Come sia andata cerco di non saperlo. La lezione, o giù di lì, di Schettino sulla gestione del panico è la notizia alla quale mi sottraggo in un attacco di ‘vigliaccheria’. Davvero. Mi manca il coraggio di leggere, capire, approfondire. Voglio fingere sia una bufala. Una di quelle atroci ironie che qualche buontempone spalma in rete, in tv, sulla carta.
Non sopporto neanche l’idea che io possa scriverne. Perché in questo Paese anche il ribrezzo fa la star e dunque sarebbe bene far scendere un silenzio così spesso da oscurarne la ‘gloria’. Che poi sia colpevole e quanto non sta a me dichiararlo ma so che esiste una giustizia penale e una giustizia morale. Per la seconda, a mio umilissimo parere, sarà sempre un pessimo esempio.
Si può discutere, certo, dell’umana paura e del panico. Dell’abbandono del pericolo e dello spirito di sopravvivenza. Ecco, sarei perfino disposta a comprenderlo, il comandante che si mette in salvo prima di tutti. Chi sono io per sbandierare il coraggio da onorare anche a costo della vita? Mi sarebbe piaciuta una lezione sul terrore, sull’egoismo naturale, sull’istinto alla fuga.
L’avrei ascoltata, indulgente e commossa.
Che in fatto di vigliaccheria c’è sempre qualcosa da imparare. Soprattutto da chi vanta esperienza. La mia codarda rimozione al confronto è una leggerezza infantile. Non ho la sua marcia, lo ammetto.