A me facevano tenerezza gli uomini che faticavano ad accettare l’altrui omosessualità. Trovavo fosse una fragilità, un condizionamento, un limite umano.
Adesso talvolta mi fanno decisamente rabbia. Perché la debolezza è digeribile se non c’è giudizio e se ammette la libertà. Diventa assolutamente insopportabile quando diventa una condanna, un atteggiamento di sarcasmo o, peggio, di pietà.
La pietà bisognerebbe, forse, provarla per voi cari uomini inchiodati a un machismo fasullo e squallido, costretti nella prigione dei pregiudizi, schiacciati da un moralismo francamente disgustoso. Però fate passare la voglia di concedervi pure questa benevola tolleranza quando alzate a tal punto le barricate da creare vere comunità cui sono impediti il respiro, la vita, l’amore.
Penso a certe mentalità che più che retrograde definisco ormai cattive. Piccoli paesi ostili aggrappati a un conformismo insulso e bieco, dove tutti reprimono tutto, fedeli a apparenze che sono macigni, venduti alla menzogna di una realtà che non rende giustizia ai sentimenti e alla verità. Comunità asciutte e torve dove si benedice qualsiasi coppia fasulla di eterosessuali ma si bandisce la passione autentica tra gay felici.
Luoghi in cui si mente e si tradisce in misura vergognosa ma dove non si azzarda mai il passo libero. E, quel che supera ogni possibilità di comprensione, dove si covano un’invidia e un risentimento addirittura clamorosi verso chiunque sfondi le barriere per andare a godersi un po’ d’aria.
Sono mentalità atroci che, per giustificarsi e sfidare immutabili il tempo, cercano di fermare i risvegli, impedire le fughe, stroncare le rivolte. Se non ci riescono inseguono i ribelli con l’insulto, con lo sdegno, perfino con la maledizione. Non possono accettare, mai, il confronto con chi sceglie la serenità. Crepano di invidia ma la spacciano per morale. Sbavano ma non emulano. Codardi fino alla fine. O, è il caso di dirlo, moralmente miserabili. Proprio in barba alla loro “morale”.