Sebastiano Vassalli, candidato al Nobel per la Letteratura, è una notizia da brivido di piacere lungo la schiena.
Ho letto i suoi libri e da ogni storia sono uscita più ricca. Lui che indaga nelle pieghe della condizione umana, che affonda la lama in epoche lontane, che ci consegna spaccati di vita e costume, che narra di piccole e grandi atmosfere di un tempo che la memoria potrebbe cancellare, è uno scrittore dal profilo austero, asciutto, intenso e defilato come i pensatori di una volta, lontani dal belletto della ribalta. Eppure, uno dopo l’altro, i suoi titoli mietono successi.
E’ proprio in questo mestiere ruvido e passionale il mio Sebastiano Vassalli.
Quello di Chimera e Cuore di Pietra che, al di là del campanilismo, ho amato visceralmente. Emozioni e suggestioni in una narrazione forte, decisa e originale.
Ma poi, sia detto, mica sono qui a fare il critico letterario.
Se mai rammento un episodio, un ricordo che mi sta a cuore.
Parecchie voci lo davano per scontroso, burbero, scostante. Io non lo avevo mai incontrato per le vie di Novara, non potevo confermare o smentire, credere o dubitare. Un bel giorno è passato davanti a un bar, io l’ho visto da dentro e sono schizzata fuori senza troppo pensarci. Correndo l’ho raggiunto.
<Sebastiano Vassalli, mi scusi, mi spiace disturbarla, non la trattengo, volevo solo ringraziarla e stringerle la mano. Sa, sono una sua lettrice…>
<Oh…sono io che ringrazio lei. Grazie, grazie, davvero gentile>.
Ebbene, i presenti faticavano a credere che io avessi avuto quel guizzo di entusiasmo e ammirazione per uno scrittore. Tutti persi dietro a cantanti, attori e soubrette. Mah…!
Che il Nobel per la Letteratura sia suo, caro Sebastiano Vassalli! Onore al merito. E lustro patriottico.