Alludo a una borsa Louis Vuitton.
Ruby può averla acquistata, esserne in qualche modo graditissima testimonial o averla ricevuta in dono. Ma ce l’ha.
Come più o meno tutte. A occhio, per le migliaia di ragazze e donne alle quali ho notato al braccio o sulla spalla l’accessorio in questione, direi che a parte me e poche altre defezioni Louis Vuitton ha fatto il pieno…
C’è chi sfila con la griffe taroccata, d’accordo. Ma siamo ormai tutti consci che il ricco mercato si nutre anche della merce falsa. Quello che conta è la smania collettiva, la consacrazione di oggetto cult e il bisogno o il piacere di esibirlo pur fasullo che sia. Non per altro si imita e si scopiazza bellamente solo ciò che ha successo.
La borsa Louis Vuitton, negli svariati modelli in cui prende forma, potrebbe scoprirsi trasversale. Piace alla ragazzina con ansie modaiole, alla donna in carriera, alla pensionata di lusso. All’impiegata old style e alla vezzosa signorina rubacuori.
Ma, non me ne voglia la maison, l’oggetto non mi appassiona.
Torno a bomba su Ruby che compare con la sua Louis Vuitton. E quella fotografia che la immortala non solo avvicina Ruby a tutte le fan del marchio, svela la realtà. The show must go on. Che il mondo sia in subbuglio, che l’economia sia al tracollo, che società e cultura siano a brandelli sembra restare sullo sfondo o celato dietro patine dorate o confinato in sacche disperatamente sole.
Basta che non si fermi la giostra, ecco, l’ossessione diffusa pare questa.
Temo che lo spietato bluff del nostro tempo ci abbia messo nel sacco, insomma.
Ma credo che questa non sia proprio un’idea popolare: non ce l’hanno tutte, forse neanche Ruby.