Fiat si cimenta nell´impresa di conquistare la Opel e nell´attesa l´indotto torinese applaude. Tra gli imprenditori c´è chi è ottimista e chi è più scettico, ma il parere unanime è che si tratterebbe di un´opportunità ghiotta per allargare il mercato. E i concorrenti? Non fanno paura. Neppure la canadese Magna, uno dei più grandi produttori di componenti del mondo, che si dice possa entrare nell´affare.
«Opel è un passaggio quasi obbligato per la Fiat. Per come si sta rivelando il mercato trovare un´alleanza sul mercato europeo sarà fondamentale. E con i tedeschi c´è il vantaggio che sono già state sviluppate alcune piattaforme», sostiene Vincenzo Ilotte, presidente dell´Amma, l´associazione che raccoglie le aziende metalmeccaniche torinesi. È lui il primo a vedere l´affare Opel come un´opportunità: «Ci sono potenzialità interessanti. L´accordo di alcuni anni fa con Gm lo ha già dimostrato, perché in quell´occasione molte aziende riuscirono a diventare partner anche del colosso americano. Fiat oggi si sta proponendo come una realtà che ha in mano un know-how composto da una parte “software”, che appartiene al Lingotto stesso, ed una “hardware”, che invece dipende dall´indotto». E Magna? «Non è una minaccia – risponde Ilotte – anche perché si tratterebbe comunque di un mercato che da due milioni di auto l´anno passerebbe a sei milioni: di carne ce n´è per tutti».
Il presidente della Webasto e numero due dell´Anfia componenti, Mauro Ferrari, è in sintonia: «L´operazione di Fiat su Opel comporterebbe vantaggi per la componentistica italiana, perché in questo momento hanno un cliente unico, di dimensioni relativamente ridotte, mentre in futuro questo cliente potrebbe crescere in modo esponenziale». Ferrari ha però dubbi sulla riuscita dell´acquisizione: «Sinceramente – dice – capisco il tentativo di Marchionne, lo condivido, però credo che le probabilità siano poche. Vedrei maggiori chance se l´operazione fosse fatta con un gruppo con una proprietà di tipo familiare e con una gamma di prodotti meno sovrapponibile a quella di Fiat». La canadese Magna è effettivamente un concorrente della sua Webasto nel realizzare tetti apribili ma l´imprenditore non si spaventa: «Nell´automotive la competizione è molto sana e la tendenza delle case è veramente quella di ottenere i risultati migliori da ognuno dei componentisti che vengono interpellati».
Marzio Raveggi, ad della Johnson Controls di Grugliasco, produttrice di interni, sostiene che a beneficiare di un eventuale accordo sarebbero non tanto le aziende di componentistica “tier 1”, cioè i grandi gruppi mondiali, quanto piuttosto i piccoli, i produttori “tier 2”: «Avranno l´opportunità di fare un salto di qualità. Però, per farlo, dovranno creare alleanze, aggregarsi tra loro per poter lavorare su scala più grande». Perché se la Fiat diventerà ancora più “mondiale”, anche l´indotto dovrà fare altrettanto: «Questa – dice Raveggi – è un´occasione in cui l´automotive torinese può far vedere quanto vale. È una sfida che possiamo giocarci partendo tutt´altro che sconfitti».
E le realtà più piccole? «La tecnologia si porta dietro anche i fornitori di componenti», sottolinea Giorgio Possio, presidente della Spesso, impresa torinese che realizza guarnizioni per motori. Che spiega: «Per noi un matrimonio con Opel sarebbe una grossa chance. Siamo un fornitore di Fiat Powertrain. Lavoriamo già parecchio oltre confine, per esempio con Isuzu Polonia. Ma un accordo con i tedeschi ci consoliderebbe».