Via La Stampa
Stretta finale per la Motorola. Oggi i vertici di Telit, l’azienda di cellulari con sede a Trieste che vuole rilevare il centro ricerche di corso Vittorio e i suoi 350 ingegneri , incontrerà gli americani. Le trattative sono avanzate e se andassero a buon fine, Motorola potrebbe avere una way out (via d’uscita) meno onerosa. Tra Tfr e incentivi, infatti, il conto batte sui 20-25 milioni di euro.
In serata Chicco Testa, ex presidente Enel e oggi presidente di Telit, incontrerà l’assessore regionale all’Innovazione Andrea Bairati e il vicesindaco di Torino Tom Dealessandri. Il vertiche è per valutare le possibilità di Telit e compararle con quelle del concorrente Reply, l’azienda piemontese che in poco più di 10 anni è riuscita a raggiungere posizioni leader sul mercato delle nuove tecnologie e che conta oggi 2600 dipendenti. Reply, per ora, sembra più cauta nelle offerte, ma pare offrire occasioni industriali più solide.
Motorola potrebbe infatti essere un boccone difficile da digerire per Telit visto che l’azienda triestina ha un numero di dipendenti inferiore ai 350 ingegneri Motorola che vorrebbe assorbire.
Ma sul tavolo potrebbero giocare altre variabili. Per comprenderle è necessario scoprire le carte di Telit. Chi è questa società? Da dove viene? Con chi ha rapporti?
Nata nel 1986 per vendere servizi di ricerca e sviluppo, ha visto ben presto infrangersi il suo sogno di produrre cellulari totalmente made in Italy. La società, a questo punto, è passata attraverso una girandola di consiglieri e presidenti tra i quali compare anche Carlo Fulchir, l’imprenditore rilevava società dell’elettronica italiana finite quasi sempre sul lastrico e per questo più volte indagato. Secondo la procura di Padova acquistava aziende decotte, ne prometteva il rilancio e otteneva così commesse pubbliche e incentivi. Poi lasciava andare tutto in malora.
Amico di Forza Italia ma anche di D’Alema (nel 2000 venne inserito in una rosa di cinque esperti in innovazione in un comitato della Presidenza del Consiglio), Fulchir è sparito lasciando Telit sull’orlo dell’abisso. A salvare la società triestina ci ha pensato Avigdor Kelner, un colonnello della riserva dell’esercito israeliano con la Stella di David. Dietro c’è la potentissima finanziaria Shrem Fudim Kelner & Co che investe in telecomunicazioni, alta tecnologia e progetti per la Difesa israeliana (suoi sono i carri armati Merkava).
I manager della Telit italiana sono quasi tutti israeliani, come Davidi Piamenta (otto anni nella Israeli Air Force), ma questo non ha impedito di avere contatti stretti con l’Italia. Il presidente di Telit è appunto Chicco Testa (legato al gruppo di Bernabé), ma nel board compare (come direttore non esecutivo) Maurizio Gasparri, ex ministro delle Telecomunicazioni. Dalla Margherita ad An, insomma. Un appoggio politico che può tornare utile. Nell’agosto del 2008 Telit ha ottenuto dal governo una prima tranche di finanziamenti agevolati (6,5 milioni di euro). Ma l’intero finanziamento ammonta a 13 milioni. Nei corridoi si mormora che dietro l’offerta di Telit ci sia la promessa di una commessa pubblica da parte del ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola. Un’azienda che si sa muovere, la Telit. E dire che i più la conoscono per il cellulare dei Gormiti.