Si chiama Semaforina E3, in parole povere è “il segnale verde” che dà il via libera alla separazione e alla moltiplicazione delle cellule di alcuni tumori, innescando le metastasi. Quando si troverà il modo per spegnere questa molecola – ci vorranno tempi che nessuno è ancora in grado di prevedere – si riuscirà a bloccare la diffusione di certi di tipi di cancro, quelli al colon retto e i melanomi. “Sarà come revocare il via libera”. Per altre famiglie di tumori – alla mammella, oltre che al colon retto – sarà possibile mirare geneticamente e personalizzare le cure, predeterminando su quali malati potrà essere efficace il farmaco di ultimissima generazione Everolimus, già utilizzato per i carcinomi al rene, senza bisogno di somministrarlo alla totalità dei pazienti, compresi quelli per cui sarebbe inutile.
Sono state scoperti e studiati nei laboratori di Candiolo – dai nomi di punta dell’Istituto per la ricerca e la cura sul cancro e dai loro staff, in raccordo con colleghi stranieri – due nuovi prototipi di “armi” antitumorali sui quali si conta per fare ulteriori passi in avanti in diagnosi, prognosi, terapie. Gli scenari e le prospettive positive che si aprono, dal cuore del Piemonte, hanno trovato spazio e risalto sulla rivista americana Journal of clinical investigation, una vetrina internazionale per studi e progetti e una patente di prestigio e assoluta serietà.
“Sulle semaforine stiamo lavorando dalla fine degli anni ’90 – racconta il professor Luca Tamagnone, supervisore di una delle due ricerche appena pubblicate – e, delle venti individuate, siamo riuscite a selezionare quella che dà il via libera alle metastasi, la 3E, appunto: c’è un collegamento tra i livelli presenti e la separazione delle cellule tumorali. In laboratorio, sulle colture e sulle cavie, siamo riusciti a “spegnere” questa molecola, bloccando la quale si fermano le metastasi”. Previsioni, sulla portata della scoperta per la cura delle persone, Tamagnone non ne fa. “Ma rispetto al passato le ricerche si sono velocizzate. Non passano più decine di anni. Io non sono in grado – ammette – di azzardare pronostici. Ma sono diverse le cose importanti che per la Semaforina 3E vanno sottolineate. L’aver individuato il target da colpire consente di lavorare sui possibili rimedi mirati, anche se questo obbiettivo non è dei più facili e quindi non attrae grossi investimenti da parte delle case farmaceutiche. I risultati fin qui conseguiti dovrebbero suscitare nei giovani l’interesse per la ricerca. E, non ultimo, speriamo di trovare sponsor per questa ricerca, finanziata quasi integralmente dall’Airc”.