Luigi La Spina su La Stampa
Al di là della fondatezza e dell’opportunità delle critiche rivolte dal rettore dell’Università al suo collega del Politecnico, durante l’inaugurazione dell’anno accademico, dispiace constatare l’apertura di un altro dissidio nella classe dirigente della città. Proprio in un momento in cui la crisi economica internazionale sembra colpire Torino e il Piemonte con particolare gravità. Un momento che richiederebbe, invece, la massima collaborazione e la più stretta unità d’intenti tra le istituzioni locali, intese nella maniera più estesa, per contribuire ad individuare soluzioni che possano alleviare le difficoltà di una congiuntura eccezionalmente sfavorevole.
Ecco perché non dev’essere interpretata come una provocazione, o come una imperdonabile ingenuità, la proposta di una iniziativa pubblica che inviti tutti gli interessati al lancio di un progetto per il rafforzamento, nel nostro territorio, di un polo educativo-formativo di eccellenza.
La nostra città e la nostra regione hanno e dovranno avere certamente una vocazione primaria, quella manifatturiera. Accanto a questa si è affermata la presenza di una industria turistica, museale ed enogastronomica che può costituire uno sbocco complementare e non marginale per l’occupazione piemontese. Perché non affiancare a questi due settori anche una terza strada di sviluppo, approfittando delle ottime basi di partenza che le strutture del territorio già possono vantare?
Non si tratta di rievocare l’antica tradizione torinese di «buoni studi», peraltro non trascurabile in un’ottica di attrattività culturale, sia scientifica sia umanistica. Ma la presenza di un Politecnico conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, di una università con facoltà di diverso valore, ma sicuramente con corsi di ottimo livello, di istituzioni culturali come il Collegio Carlo Alberto e le scuole internazionale del Bit, di associazioni e fondazioni di largo prestigio, può costituire il nucleo di grande progetto per offrire a studenti italiani e stranieri l’occasione di una esperienza educativa e formativa all’altezza dei centri mondiali più qualificati.
Dirigenti delle istituzioni politiche locali, delle fondazioni Crt e San Paolo, delle altre associazioni culturali e, naturalmente, degli atenei piemontesi potrebbero aprire una pubblica discussione per verificare se, su questa strada, si possano unire le forze finanziarie presenti sul territorio, le risorse di intelligenza e di progettualità per chiamare anche il tessuto delle imprese a collaborare allo sviluppo del progetto. Torino, dopo le Olimpiadi e alla prese con la crisi dell’economia, ha bisogno di traguardi nuovi e coraggiosi per non combattere solo battaglie necessarie, ma solo difensive. Perché non ci proviamo?