Da lunedì 4 gennaio i conti correnti non potranno più essere in rosso in base alle nuove norme dell’Autorità Bancaria Europea (Eba), in vigore formalmente dal 1 gennaio.
In pratica i clienti privati o imprese delle banche che non avranno sufficiente liquidità nei loro portafogli, non potranno più utilizzare gli addebiti automatici sui loro conti, con conseguente blocco dei pagamenti di utenze, stipendi, contenuti previdenziali, rate di finanziamenti.
Se il cliente non pagherà i propri debiti per più di tre mesi, verrà identificato come cattivo pagatore e tutta la sua esposizione verso la banca verrà classificata come “non performing loan” e sarà segnalato alla centrale rischi. Secondo le nuove norme dell’Eba, dopo la regolarizzazione dei pagamenti, il cliente rimarrà in stato di default per altri 90 giorni.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, fino allo scorso 31 dicembre un debitore era considerato in stato di default se aveva pagamenti arretrati per più di 90 giorni in misura pari al 5% del suo debito. Adesso la percentuale cala significativamente fino all’1% secondo cui cambia il significato di “rilevanza” del pagamento arretrato, in relazione al quale entrano in gioco anche altre due soglie: 100 euro per le famiglie e 500 euro per le imprese.
Il cliente resta in stato di default, dopo la regolarizzazione dei pagamenti, per altri 90 giorni; fino allo scorso 31 dicembre, invece, lo stato di default terminava saldando i debiti pregressi. Per quanto riguarda la soglia degli arretrati, per fare un esempio, su una linea di credito di 100.000 euro, la soglia rilevante degli arretrati crolla da 5.000 euro a 1.000 euro: di fatto viene azzerata la flessibilità delle banche che è essenziale sia per le famiglie sia per le imprese. “Alla base delle scelte del regolatore europeo c’è la necessità di armonizzare gli ordinamenti bancari, in effetti assai diversi fra loro. Tuttavia, la ricerca ossessiva di un cosiddetto level playing field ovvero di un campo di gioco livellato in tutta Europa corre il rischio di penalizzare in prima battuta le nostre banche e, a catena, la clientela degli stessi istituti.
Chi ha il conto corrente “scoperto”, corre il rischio di risultare immediatamente moroso nei confronti dei vari soggetti, dalle finanziarie all’Inps, dai dipendenti alle aziende cosiddette utility come energia, gas, acqua, telefono.
Banca d’Italia ha precisato che la nuova regola non introduce un divieto a consentire sconfinamenti, ma come già ora, le banche, nel rispetto delle proprie policy, possono permettere ai clienti utilizzi del conto che comportino uno sconfinamento oltre la disponibilità presente sul conto ovvero, in caso di affidamento, oltre il limite di fido. Sempre secondo Bankitalia non è vero che se un debitore è classificato a default sulla base della nuova definizione, è classificato automaticamente anche “a sofferenza” nella Centrale dei Rischi: gli intermediari segnalano un cliente “in sofferenza” solo quando ritengono che abbia gravi difficoltà, non temporanee, a restituire il suo debito.