“Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche“. La risposta ad una domanda affatto scontata fornita da Melanie Joy, psicologa e sociologa, docente all’università del Massachusetts, Boston, nonchè principale ricercatrice sul “carnismo”, l’ideologia del nutrimento attraverso carne animale. All’annosa domanda, la Joy risponde attraverso il suo ultimo libro scritto in maniera lucida, pratica, semplice, scorrevole e priva di retorica o accuse al mondo non vegetariano.
“Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche” (Ed. Sonda, pag. 198, maggio 2012) è un’analisi concreta e molto dettagliata su tutto ciò che ruota attorno all’industria della carne in Usa e, in generale nel mondo. Numeri (soprattutto in termini di denaro), statistiche, interviste di autorevoli giornalisti-investigatori, nomi, fatti, date, insomma tutto nero su bianco.
L’autrice conduce il lettore per mano alla scoperta di un mondo sotterraneo di cui si ignora l’esistenza perché il consumatore finale dell’industria della carne, ovvero noi esseri umani, non vuole sapere, non vuole vedere, non vuole ascoltare, soprattutto le urla di terrore nei mattatoi. Non si tratta solo di una denuncia di quanto accade da sempre nelle nostre città, ma di un reportage specchio dei nostri tempi, affamati di animali.
Il libro si apre creando immediata empatia con il lettore a cui, per “gioco” si fa immaginare di mangiare carne di cane per verificare le reazioni e lo stato d’animo del “mangiatore” per poi proseguire, attraverso esempi semplici ma non banali, nella lettura di numerose testimonianze di operatori dei macelli e di quanto anche gli uomini si trovino coinvolti, loro malgrado, in un vortice di violenza e aggressività.
La carne stessa soffre dell’incredibile paura degli animali mandati al macello e della disumanità che i lavoratori del settore esprimono quale reazione al loro stesso impiego. La violenza, secondo l’autrice, è contagiosa e l’uomo si “imbrutalisce” vivendola tutti i giorni, sotto stress costante. Quali sono le giustificazioni che adottiamo al fine di mangiare carne? In che modo affrontiamo i nostri dubbi? Come arriva la carne, e da dove, sulle nostre tavole? Cosa, realmente mangiamo?
Antibiotici, altri farmaci, ormoni somministrati agli animali, allevamenti intensivi (dove, ad esempio le galline ovaiole vengono stipate in spazi grandi quanto un foglio A4), crudeltà, metodologie di uccisione, etc. sono solo alcuni degli aspetti trattati nel libro che, nonostante l’argomento forte, viene discusso con sensibilità e rispetto per il lettore.
In una società come la nostra dove, poco alla volta, la cultura del vegetarismo e del vegan prende sempre più piede, questo libro è la conferma della necessità di un cambio di rotta, di un’alimentazione sana che rispetti l’esistenza in ogni sua forma, che sia umana o animale (terrestre e marino).
“Una vola ho preso il mio coltello, sufficientemente affilato, e ho affettato la punta del naso di un maiale (vivo), proprio come un pezzo di mortadella. Il maiale è impazzito per un paio di secondi. Poi si è semplicemente seduto con aria stupita.
Allora ho preso una manciata di acqua e sale e glielo schiacciata sul naso. A quel punto il maiale ha dato proprio di matto, premeva il naso dappertutto. Avevo ancora una manciata di sale in mano, indossavo un guanto di gomma, e glielo ficcato su per il culo. Quel povero maiale non sapeva se cagare o accecarsi”.
Tratto da un’intervista ad un lavoratore di un mattatoio americano dove gli operatori devono uccidere un maiale ogni 4 secondi. Spesso, a causa della velocità di stordimento e uccisione dell’animale, nonché della scarsa esperienza professionale degli addetti, alcuni maiali sopravvivono allo sgozzamento e restano coscienti per alcuni minuti o anche ore fino a raggiungere le vasche di acqua bollente in cui vengono calati per l’eliminazione del pelo.
Significativo, provocatorio e istruttivo, questo libro può cambiare la visione e la percezione della realtà.