7 milioni di italiani rinunciano alla carne. Rinunciano, di solito per rispetto della vita di tutti, che siano bipedi o quadrupedi. Secondo l’associazione nazionale vegetariani, che ha sede a Milano, negli ultimi anni sta cambiando la tavola del Bel Paese. Poco alla volta si ritorna alla vera essenza della cucina mediterranea a base di legumi e cereali. L’associazione ha compiuto 60 anni e tira le somme della sua attività fotografando l’Italia che cambia.Cosa vuol dire essere vegetariani? A rispondere è Carmen Somaschi, presidentessa dell’associazione.
“Significa fare una scelta sana, corretta, sia dal punto di vista etico, se si amano gli animali, sia dal punto di vista alimentare. E’ sbagliato pensare, come ancora oggi accade, che il vegetariano mangi in maniera povera, incompleta e triste. Triste è cibarsi di animali morti che, tra l’altro non sappiamo in che modo arrivino nei nostri piatti. Perché non ci chiediamo cosa c’è nel classico hamburger della paninoteca di turno che costa meno di 2 euro? E in questi 2 euro dobbiamo valutare anche le spese che un’azienda sostiene per arrivare a produrre tale hamburger, stipendi dei dipendenti, fornitori, corrente elettrica, affitto dei locali, etc.”
In che modo gli italiani si approcciano al vegetarismo?
“Questo cambiamento culturale, a cui fa seguito quello alimentare, è dipeso, in gran parte, dall’introduzione della cucina macrobiotica in Italia negli anni 70, e da quella biologica negli anni 80. Poco alla volta le persone hanno compreso l’importanza della salute attraverso la tavola. Il cibo spazzatura è figlio della società dell’abbondanza. Abbiamo voluto mostrare e dimostrare di avere tutto e in gran quantità. Questo ci ha rovinati, ma ora che l’informazione viaggia in Rete è impossibile non prendere atto di cosa assorbiamo. Alcune persone scelgono, attraverso l’educazione dei genitori, sin dall’infanzia di essere vegetariani e lo confermano da adulti. Altri, invece smettono dall’oggi al domani. Altri ancora, un po’ alla volta, magari accantonando la carne ma prediligendo il pesce. Io li chiamo pescitariani, alla maniera americana perché in realtà non sono veri vegetariani. La carne è tale sempre, che sia di animali terrestri o marini”.
Quanto cresce il numero dei vegetariani in Italia?
“Gli istituti di ricerca Eurispes e Nielsen hanno monitorato l’evoluzione di questo cambiamento negli anni. Prima del 2000 eravamo in pochi. Nel 2009 abbiamo raggiunto quota 2900. Nel 2004, invece ben 4 milioni. Ora siamo a 7. Stiamo aumentando sempre di più con una percentuale del 10, 15% di vegani che non mangiano alcun derivato animale come uova e latticini. Tutto questo è possibile grazie ad una lunghissima campagna di informazione e sensibilizzazione, prima nei confronti delle associazioni animaliste con cui interagiamo da sempre poi, soprattutto con l’avvento di internet, con tutto il mondo. Il nostro sito è un punto di riferimento per vegetariani e vegani italiani. Lavoriamo con le scuole, gli enti pubblici per insegnare la cultura del vegetarismo e permettere anche ai bambini di poter scegliere cosa mangiare, in maniera equilibrata, senza essere additati come strani o dover stare in disparte. Oggi i ristoranti e i negozi offrono, senza problemi, alimenti vegetariani. Collaborando con la Barilla, siamo riusciti ad ottenere dall’azienda una produzione di pane comune senza l’uso di strutto”.
Quali sono le regioni nostrane e le nazioni più vegetariane?
“Lombardia, Lazio, Piemonte e Veneto. A livello nazionale, l’Italia è al secondo posto, dopo l’India, per scelta vegetariana. Inoltre, tra gli italiani vegetariani, le donne superano gli uomini. Sono il 65% circa. Questo per due motivi essenziali. Per tradizione, cucinano per tutta la famiglia e valutano cosa mangiare. Gli uomini sono convinti che mangiar carne equivalga ad essere vigorosi”.