“Penso che il limite più grande sia quello che ci imponiamo da soli. Ma quando lo superi arrivi a quello successivo, poi a quello dopo, poi ancora. E poi ti domandi: ma allora cosa altro sono in grado di fare?”. In sella alla sua bicicletta Dejan è un ciclone di energia. Si sa quando parte, ma nessuno (forse nemmeno lui) sa dire quando e dove si fermerà. La sua prima avventura è stata un viaggio in solitaria da Skopje (in Macedonia, sua terra natale) a Nizza. E ora sta compiendo il giro del mondo in bici.
Questa storia, come molte di quelle che finora abbiamo raccontato, inizia in un giorno di tragedia. Dejan Zafirov lavora come volontario in una fattoria biologica nei dintorni di Nizza. Difficile spiegare quello che accade: la mente che si perde per un momento, un istante solo di disattenzione, o forse solo un destino incomprensibile e amaro. Durante una pausa Dejan aziona per errore una trebbiatrice che a marcia indietro cattura le sue gambe. Una viene amputata all’altezza del femore, l’altra si riesce a salvare, ma il 70% dei tendini sono lesionati.
Dejan però è un uomo forte e non si dà per vinto. Da quel momento la sua vita, irrimediabilmente trasformata, diventa una sfida, un atto di coraggio. Già appassionato di ciclismo, nel 2009, a pochi anni dall’incidente, risale in sella con un obiettivo preciso: duemila chilometri di pedalate con l’aiuto di una protesi per la gamba amputata e di un tutore per quella lesionata. Ma questo è solo l’inizio, perché poi arrivano nuovi traguardi, sempre più lontani e ambiziosi: l’Argentina, gli Stati Uniti, la Cina, tra poco il Nord Africa e poi l’Australia. Così il suo progetto di un viaggio planetario in bicicletta sta progressivamente diventando realtà.
L’avventura di Dejan va ben al di là di una sfida ai propri limiti, ma ha una precisa dimensione sociale. “Il mio primo obiettivo è motivare non solo chi ha una disabilità fisica ma le persone in generale ad avvicinarsi a uno stile di vita più attivo e salutare. Lo scopo non è semplicemente attraversare i continenti in bici: a cosa servirebbe? – spiega in un’intervista – Penso alle persone con una disabilità fisica e alla situazione in Macedonia. Penso a quanto sia sottovalutato lo sport: tutto si riduce a giocare a tennis tavolo e a qualche altra disciplina semplice. Io sto tentando di trovare un modo per fare qualcosa di più”. Parole che diventano fatti: insieme ad alcuni amici Dejan ha fondato un’associazione per aiutare i bambini disabili in Albania. “Cerchiamo di instillare in loro l’ambizione e di lavorare sulla fiducia che hanno in loro stessi attraverso esercizi fisici e workshop creativi. Dovrebbero essere in grado di prendere in mano la propria vita, di decidere cosa studiare all’università o dove cercare lavoro. Vorremmo dare loro una base perché abbiano la possibilità di costruire autonomamente un futuro”.
Questa storia, toccante e incredibile, è diventata anche un documentario, Un grande macedone, realizzato dal regista bolognese Renato Giugliano, che ha seguito Dejan in varie tappe del suo lungo tour.