I. Poteva essere un sabato mattina come tutti gli altri per i ragazzi del liceo Darwin di Rivoli: gli zaini pieni di libri, le voci dei compagni nella nebbia novembrina, la matematica alla lavagna, la teste appesantite dal sonno e forse dalla voglia di essere altrove. Ma non è stato così. Quel 22 novembre 2008 si è trasformato in un giorno di tragedia. Quando radio e tv hanno dato la notizia dell’incidente, il tutto pareva così assurdo che si faceva fatica ad assimilarlo: il soffitto crollato, un ragazzo, Vito Scafidi, rimasto ucciso e un suo compagno, Andrea Macrì, gravemente ferito. Sulla città, frastornata dal dolore, è calato il silenzio, come per un’improvvisa eclissi o per il passaggio di una nuvola nera. Poi, secondo un meccanismo inesorabile nella società dell’informazione, nuove notizie si sono affastellate nella memoria collettiva e quel ricordo è diventato via via più labile. Di Vito, dalla sua famiglia, di una tragedia che rende impossibile ogni commento, qualche volta si è ancora parlato. Di Andrea non più.
II. Andrea Macrì, 20 anni non ancora compiuti, sembra nato per lo sport. Ha un cuore da atleta e una mente da lottatore. Calmo, lucido, dinamico: l’agonismo è il suo pane quotidiano. Fa parte delle Lame rotanti, club di scherma per atleti disabili nato nel dicembre 2010. Non solo: è un campione di sledge-hockey e gareggia nei Tori seduti di Torino. Convocato in nazionale, a febbraio è partito per la Svezia ed è ritornato con un titolo europeo. Insomma, detto in poche parole, Andrea si avvia a diventare una stella dello sport paralimpico. E’ difficile (anche lavorando per immedesimazione) capire come lui possa aver vissuto questi ultimi due anni e mezzo: il tempo che si ferma, il coma farmacologico, la vita in bilico, poi i nove mesi di durissima riabilitazione e la consapevolezza di avere un corpo ineluttabilmente trasformato. L’unico dato certo è che in questa seconda vita Andrea ha trovato una scintilla, una ragione per lottare, per desiderare di essere al meglio ciò che è. E’ senz’altro merito della sua volontà, ma anche dell’Unità Spinale del Cto di Torino, che lo ha avvicinato allo sport paralimpico.
Recentemente vari giornali, tra cui Luna Nuova di Rivoli, hanno parlato di questo ragazzo tenace, della sua energia, della sua voglia di farcela. Naturalmente raccontare la sua storia non significa mettere da parte la tragedia, negare quello che è successo, nascondere che ci sono delle precise responsabilità e che su quanto è accaduto al Darwin non è ancora stata fatta sufficiente chiarezza. Ma al di là di tutto questo, resta l’imprevedibile grandezza di un “essere speciale”. Sono le persone come Andrea che hanno ancora il potere di scuoterci da tanti momenti di torpore e inerzia. Possiamo prendere in prestito le parole di una bellissima canzone di Niccolò Fabi, intitolata proprio Essere speciale: “e quando ho la testa chinata sul marmo tu possa gridare e svegliare il mio sonno”.