Molti ricorderanno l’immagine di Steve Redgrave, uno dei più grandi canoisti di sempre, con la fiaccola in mano: l’atleta britannico è stato tra gli ultimi tedofori alle Olimpiadi di Londra, archiviate appena da qualche settimana. Nonostante il manifestarsi del diabete, Redgrave ha continuato a gareggiare e a vincere. Perché fare sport ed essere competitivi si può, grazie alla giusta dose di preparazione atletica e il grande impegno nella gestione della patologia. E’ questo spirito che ha animato la seconda edizione di “Diatletica. Meeting Nazionale di Atletica Leggera per vincere insieme il diabete”, svoltasi l’8 e il 9 settembre al Centro di Preparazione Olimpica del Coni di Tirrenia (Pisa). Ottanta partecipanti, provenienti da tutta Italia, si sono sfidati in 7 discipline in una gara tra regioni.
I partecipanti, affetti da diabete di tipo 1, avevano in comune la voglia di mettersi in gioco e la passione per le sfide. Il week-end li ha visti impegnati in diverse discipline: 100 metri, staffetta svedese, 800 metri, 5.000 metri, salto in lungo, lancio del peso e lancio del vortex.
Naturalmente non si è trattato solo di una gara. In gioco c’eranomolti obiettivi, tra i quali far incontrare partecipanti giovani con atleti più esperti, ma anche creare un rapporto sempre più stretto tra sport e terapia. I diabetologi sono stati co-protagonisti di questa avventura: sono intervenuti come coach delle squadre regionali. Diatletica è stata un’ottima occasione per proiettare un cono di luce su un fenomeno drammatico, troppe volte ignorato o trascurato. ll diabete mellito e le complicanze a esso correlate rappresentano una delle problematiche sanitarie principali nei Paesi sviluppati.
I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità prevedono un aumento della prevalenza di tale malattia tanto da considerarla un’epidemia mondiale. In particolare, per il diabete ad esordio infanto-giovanile, si stima che la prevalenza sia compresa tra lo 0,4 e l’1 per mille, con un’incidenza (nuovi casi) tra i 6 e i 10 per 100.000 per anno nella fascia di età da 0 a 14 anni, e i 6,72 casi per 100.000 per anno tra i 15 e i 29 anni. Questi dati sono ancora più critici se si considera che il diabete, se non trattato, può determinare complicanze a lungo termine a livello di organi quali cuore, vasi sanguigni, nervi, occhi e reni.
Nel caso del diabete di tipo 1, la terapia cerca di mantenere la glicemia a livelli il più possibile normali, così da ritardare o attenuare le possibili complicanze. Una vita sana, all’interno della quale ci sia posto per l’attività fisica, è una condizione fondamentale. In particolare è dimostrato che lo sport, soprattutto se praticato a livello agonistico, può essere un’ottima leva terapeutica, utile anche dal punto di vista psicologico. Il ruolo del coach è di primaria importanza, perché aiuta a individuare il tipo migliore di attività fisica e a determinare gli obiettivi, da raggiungere a piccoli passi. L’evento è stato promosso da Aniad (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici) e sponsorizzato da Bayer Healthcare.