Il 6 febbraio è la giornata che internazionalmente viene dedicata alla lotta contro le mutilazioni genitali femminili (MGF), una pratica crudele, che causa lesioni perenni sia fisiche che psicologiche alle donne che vi vengono sottoposte, spesso contro la loro volontà.
L’Unione europea combatte questa pratica, così come tutte le azioni di violenza contro le donne. Si calcola che nel mondo siano 140 milioni le donne che soffrono le conseguenze della mutilazione genitale femminile, che solitamente viene fatta in giovane età.
Il 20 dicembre 2012, le Nazioni Unite, sollecitate dal Parlamento Europeo e dall’Unione Africana, hanno anch’esse adottato all’unanimità una risoluzione (A/RES/67/146) che condanna la pratica della mutilazione perché seriamente pericolosa per la salute mentale, psicologica e sessuale delle vittime. Esorta inoltre gli stati membri ad adottare una legislazione che la proibisca e punisca chi la pratica, ed a lanciare programmi educativi e di informazione sul tema.
Nel quadro del Consiglio d’Europa, la convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (“convenzione di Istanbul”) del 2011, entrata in vigore nell’agosto 2014, è il primo strumento giuridico specifico e giuridicamente vincolante in questo ambito.
Tutto questo però non basta, occorre lo sforzo dei singoli Paesi e non si può abbassare la guardia. Occorre diffondere informazioni sul tema, non fare sentire sole le donne che hanno subito tale pratica e istituire pene severe, solo così si potrà debellare questa barbarie.