Si è svolta questa mattina la cerimonia di inaugurazione della nuova Moschea di Torino.
Ad accogliere i partecipanti, il sorriso cordiale di Mohamed Elyandouzi, portavoce del Centro Culturale Islamico di Moncalieri, che teneva a spiegare come “quella che si inaugura oggi è una Moschea nuova, non chiusa, ma aperta a praticanti e non”, sensibile “al dialogo” ed attenta “ai problemi sociali”, luogo quindi non solo di culto, ma anche di cultura, “che vuole essere bene inserita nel territorio”.
Dopo tre anni di lavori, la nuova Moschea di Torino sud apre le sue porte in via Genova 268b. Costata circa 300.000 mila euro e l’impegno di tutta la comunità, la Moschea, intitolata al Re del Marocco Mohammad VI, sorge al posto di una vecchia discoteca, e nasce grazie soprattutto all’iniziativa del Centro Culturale Islamico di Moncalieri.
La cerimonia ha visto l’intervento di autorità islamiche ed italiane, e di un nutrito gruppo di fedeli e di abitanti del quartiere. Bambini ed adulti occupavano con aria entusiasta la grande sala arredata in modo sobrio.
Davanti all’ingresso dell’edificio, una presenza discreta delle forze dell’ordine, di fronte ad un modesto picchetto della Lega che già verso le 11:30, a cerimonia non ancora terminata, si era disciolto.
A prendere la parola per primo, il presidente della Comunità Islamica di Moncalieri Abdelghani El Rahimi, che ha parlato della fondazione della nuova Moschea come di un “evento storico”, realizzato dopo lunghi sacrifici. Rahimi spiega come l’inaugurazione sia stata organizzata in una sola settimana, fissata vicino al Ramadan e vissuta come “momento di condivisione con gli abitanti del quartiere”. Racconta, inoltre, come l’architetto Daniele Foti abbia dato il via al progetto con grande entusiasmo, ma soprattutto ringrazia tutti coloro che hanno partecipato alla sua realizzazione “anche solo con una preghiera”. La cultura islamica, sottolinea Rahimi, ha sempre avuto nella Storia una “posizione mediana”, ed “intende continuare nel suo percorso di mediazione verso il dialogo e la pace”, tramite valori quali la solidarietà, la convivenza civile e l’incontro-confronto tra le culture.
Anche il console generale del Regno del Marocco a Torino, Abdelaziz Ashak, tiene a ringraziare le autorità italiane, che con il loro aiuto e sostegno hanno contribuito alla realizzazione del progetto di costruzione della nuova Moschea. Un progetto che si pone come scopo principale quello di “realizzare un futuro incontro basato sulla pace”. Ashak ricorda come “la civiltà marocchina sia, dopo quella egiziana, una delle più antiche”, e che il Marocco intende mantenere quella linea di “moderazione e mediazione che lo caratterizza all’interno del mondo arabo e nelle sue relazioni internazionali”.
Grandi assenti, il sindaco Piero Fassino e l’Assessore all’integrazione Ilda Curti. Per le istituzioni torinesi, prende la parola il vicesindaco di Torino, Tom De Alessandri. Egli definisce questa una “giornata a favore dell’umanità nel suo insieme”, e cita l’articolo 8 della Costituzione italiana, dichiarandosi soddisfatto di averne visto la piena applicazione. Le istituzioni torinesi si sono impegnate, proprio per questa ragione, a difendere e sostenere il progetto, “in piena linea con i Padri della Costituzione”. L’Amministrazione comunale, continua De Alessandri, di fatto, “nel difendere e sostenere il progetto di costruzione e la realizzazione della nuova Moschea, non ha fatto altro che applicare i principi della nostra Costituzione”.
L’assessore alle Pari Opportunità del comune di Moncalieri, Enrica Colombo, parlando a nome del sindaco e della Giunta, manda il suo grazie ai “vicini di casa” di Torino e dei Comuni limitrofi, e riprende il discorso del vice-sindaco di Torino citando anch’essa la Costituzione. E’ la volta dell’articolo 3. La Colombo sottolinea come “essere cittadini sia percorso arduo e difficile” e le istituzioni debbano “impegnarsi a fare sì che tale percorso diventi invece il meno arduo possibile”. In questa fase storica, di crisi globale, “non si possono chiudere gli occhi di fronte a veri e propri drammi individuali e collettivi, drammi sociali in cui i diritti fondamentali dell’individuo come delle collettività non sono spesso rispettati”. In tale contesto, “diventa ancora più importante un luogo che sia di culto, ma anche luogo per incontrarci e trovare punti comuni nel comune percorso verso la pace”.
Vicinanza quindi fisica, quella della convivenza nel medesimo territorio, ma anche “etica”, in un comune percorso che va costruito a partire proprio dai valori condivisi. Come spiega infatti Hamza R. Piccardo, scrittore e fondatore dell’Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia ( U.C.O.I.I.), “la stessa Costituzione italiana è un percorso nel quale dobbiamo impegnarci tutti”. Ed i 300.000 e oltre ragazzi musulmani italiani non devono sentirsi “figliastri” ma pienamente “italiani”.
Emanuela Rea