Agli italiani togli tutto ma non toccare le vacanze.
E’ il tormentone che ripetiamo da molti anni. E, lo sappiamo bene, non è questione di risorse economiche ma di vera e propria resistenza culturale.
Naturalmente in tempi di crisi e di riflessioni sociali e filosofiche di ampio respiro, l’intellettuale medio prenota la villeggiatura adducendo giustificazioni di forbito livello concettuale: chiama in causa la fame di conoscenza, l’amor di esplorazione, il bisogno di confrontarsi con nuove realtà e civiltà. Quello che sbarca appena il lunario e vola in un esotico villaggio all inclusive completamente finanziato con formula rimborsabile in comode rate sbandiera l’agognata partenza come l’unica inviolabile soddisfazione in un anno di vita grama.
Comunque sia, archiviata la neve e le settimane bianche, immusoniti da un 2011 parco di ponti primaverili, tra un tour e l’altro sotto la lampada abbronzante nell’ansia di togliere il cappotto e non mostrare troppi centimetri di pallore, la prospettiva delle vacanze stuzzica già fantasie e desideri.
Vamos a la playa, cantavano i Righeira nel lontano 1983, con un ritmo fresco e allegro che quasi la faceva passare per una canzonetta leggera. In verità Vamos a la playa evocava scenari tragici e faceva già i conti con rischi e paure del nucleare: “la bomba è esplosa arrosto di radiazioni e sfumatura di blu, il vento radioattivo capelli arruffati…”
D’altra parte nello stesso anno spopolava pure il Gruppo Italiano con Tropicana il cui testo, nello stesso ritmo coinvolgente e frizzante, faceva rabbrividire: “l’esplosione e poi, dolce dolce un’abbronzatura atomica, tra la musica dolce dolce tutto andava giù, mentre la tivù diceva mentre la tivù cantava, l’uragano travolgeva il bungalow noi stavamo lì dimmi dimmi non ti senti come al cinema?”
E’ evidente quanto fossero forti e chiari i messaggi. Ma temo che a noi piaccia di più ricordare l’energia ballabile della musica. Noi vogliamo negare, sempre. L’emergenza, l’errore, la mostruosità. Rivendichiamo il diritto a goderci quello che ci pare come ci pare. Talvolta vestendo pure i panni della saggezza. Si, perché riusciamo pure a sostenere che da minuscoli e insignificanti puntini dell’universo spazio-temporale non ci è dato che sollazzarci con qualche gustoso boccone di vita.
Insomma non vi è ragione di fermarsi, di pensare a quello che abbiamo distrutto, a che diavolo ci siamo venduti, cosa ci ostiniamo a non rispettare, quanto ci perdiamo, da quale follia siamo pervasi e quante meravigliose zolle di umanità e natura calpestiamo.
Ci fanno quasi un favore a imbottirci di sciocchezze, a stringerci nella morsa della corsa, ad annebbiarci la vista, a stordirci di rumore. Almeno così possiamo stringere un’alleanza perfetta con l’agenzia viaggi. Costi quello che costi.
Guai ad accumulare rimpianti per vacanze non fatte e mai una volta che maturi il rimorso per quelle alle quali non abbiamo rinunciato…
E neanche per le volte che abbiamo preferito chissà quale costa purché non fosse quella patria, ovviamente. Ma questo è un altro tormentone, lo rinviamo a un’altra puntata.
Comunque potete stare tranquilli. Nonostante guerre, catastrofi naturali e nefaste opere dell’uomo i tour operator lavorano per voi: sono già pronte mete alternative, nuove location trendy con tutti i comfort di un pacchetto turistico degno delle vostre aspettative. Attenzione solo alle assicurazioni: forse non coprono i danni che ci ostiniamo a chiamare imprevedibili…