Il riferimento è a malattie potenzialmente letali, a terribili patologie croniche, a mali che costringono a dolorose e faticose cure.
E’ impossibile fare una graduatoria di dolore, sgomento, rabbia, tristezza, paura. Per me sono soprattutto storie umane di disperazione, di coraggio, di speranza, di prostrazione. Ma purtroppo esiste un ordine di priorità, di importanza, di privilegio.
Per certe malattie si attivano iniziative di ricerca, grandi campagne di raccolta fondi, gare di solidarietà, squadre di volontari dell’assistenza. Altre malattie sono sotterrate dal silenzio.
Ho cercato di credere fosse questione di numeri. O di naturale istinto.
Però i conti non tornano. La realtà è più dura, insomma.
Perché i numeri pesano e l’istinto pure ma la loro combinazione è ingegnosamente manipolata dai signori del mercato, dagli interessi dell’industria della scienza, dal cinismo che sfrutta sofferenza e debolezza. E’ business.
C’è un sottile, osceno studio di convenienza e proficuità delle malattie. Ecco che anche la sensibilizzazione diventa parola urticante perché quello che ci deve vedere comprensivi, emotivamente partecipi, economicamente o culturalmente disponibili è quel male che remunera investimenti, produzioni, applicazioni, terapie.
Odioso, angosciante spazio questo.
Là dove ci sono farmaci e medicamenti che ingrassano gli ingranaggi, là c’è una malattia degna di rilevanza sociale ovvero, innanzi tutto, di considerazione umana e culturale. Così scattano anche la nostra attenzione, la nostra compassione, il nostro rispetto per chi è affetto da quella malattia. Da lì origina la forza di sentirci degni di aiuto, riguardo, tolleranza se ne siamo direttamente colpiti. Per quel generale riconoscimento gli affetti famigliari possono non ritenersi soli e trovano il coraggio di lottare e cercare sostegno.
E’ un perverso meccanismo. Perché è vero che asseconda i numeri e gli istinti ma è altrettanto vero che li lusinga, li manovra, li utilizza fino ad abusarne. E perché non è un processo “giusto”, legge i numeri e coglie gli istinti secondo parametri assolutamente economici e non amorevoli, buoni, altruisti. D’altra parte tutto il pernicioso squallore degli affaristi delle medicine ha inventato malattie, gonfiato allarmi, indotto dipendenze. E non solo.
Le malattie ai margini della benevolenza collettiva sono dunque solitamente quelle poco allettanti per la strategia imprenditoriale. Non è un caso che lo siano le malattie mentali, così difficili, così scivolose…e complicate da pazienti spesso non collaboranti, proprio in ragione dello stato psichico.
Non svelo novità, lo so. Almeno il potere e il sistema delle case farmaceutiche ormai sono, o dovrebbero essere, noti.
Se non possiamo illuderci di affondarli mi piacerebbe potessimo almeno imparare ad avere un approccio morale diverso con tutte le forme di disagio. La speculazione sulla salute è ignobile ma è davvero spregevole anche creare il disagio dell’emarginazione, dell’indifferenza, della mancanza di rispetto per la dignità.
Se non è moto dell’anima, sia almeno logica di avvedutezza: la ruota può sempre girare…
Lascio la porta aperta, allargherò le note, entrerò nelle pieghe delle intolleranze alimentari o dei disturbi troppo “di massa” per essere del tutto credibili. Se avete suggerimenti di dibattito, accomodatevi pure.