Stregati e fregati dal machismo.
L’ostentazione di virilità è un’ossessione che ha oltrepassato i confini della schiavitù all’immagine, ai muscoli, al cliché trendy.
Quello che ha messo radici è un modello di forza della spregiudicatezza.
Dominati dal mito della ricchezza misuriamo il benessere in termini puramente economici e di potere: il successo è direttamente proporzionale alla capacità di acquisto, alla notorietà, alla possibilità di accesso al jet set. Viviamo in una debosciata “cultura sociale” che ha sconvolto tutti i parametri che combinavano armonicamente umanità e civiltà.
Le risorse intellettuali e spirituali sono quasi appendici inutili, noiose, ingombranti. Non siamo affascinati dalla sapienza, dal coraggio, dalle virtù morali. A noi attizza il privilegio della libertà di eccessi. L’uomo vincente non è quello retto, capace e generoso ma il facoltoso disinibito e audace.
Il rampante può infrangere regole, sciupare femmine, oltraggiare il pudore, ignorare il bene comune. E può perché è sostenuto dal consenso, dalla comprensione, dal rispetto. Nella peggiore delle ipotesi è invidiato con un pizzico di rabbia ma nella migliore è riverito e emulato.
Ma questa, signori, non è questione senza drammatiche conseguenze. E’ un cieco errore di superficialità sciatta e pericolosa. Il vero effetto devastante l’ha esercitato sul piano della percezione dei principi di “qualità”, di quelli che si ritengono essenziali alla coesione e alla crescita e di quelli che meritano lo slancio della dedizione.
Il vecchio che si diverte con le ragazzine, accidenti, è un esempio di naturale mascolinità! Allo stesso modo, signori, consideriamo il grande evasore un furbo più che un delinquente. E, parimenti, siamo disponibili a tollerare l’abietta corruzione, la smania di predominio, la sleale concorrenza, la pratica delle ingiuste scorciatoie. E perfino a considerare quasi logico e inevitabile la contiguità con la malavita.
In nome della prosperità siamo insomma portati a credere tutto possibile, ammissibile, giustificabile. Anzi, il macho è un eroe di scaltrezza, di impudenza, di intraprendenza! Guadagna comando, copertine, denari e questo lo rende uomo “arrivato” e ambito.
Se qualche volta ci inalberiamo un po’ è solo perché siamo volpi che non arrivano all’uva. Così dicono i machi e i loro strenui sostenitori.
In verità di fronte al machismo mi scapperebbe quasi un sorriso di compassione ma non posso indulgere in simili tenerezze, sta facendo letteralmente tabula rasa di tutte le nostre energie intellettuali, della nostra sensibilità, del nostro bagaglio etico. Del senso semplice e autentico della nostra esistenza.
Io temo che l’anima ormai atrofizzata da questa barbarie ci giocherà presto lo scherzo atroce del boomerang. Non so se prenderà in pieno viso pure loro, gli affetti da machismo e i loro anelanti seguaci, ma credo che prima o poi i nodi arrivino al pettine, che i nervi a fior di pelle scattino brutalmente, che la natura e la vita ci riportino in una dimensione di principi felicemente sostenibili.