Stanca e pensosa, dopo aver sceso la solita rampa di scale, aprii con un po’ di fatica il portone e mi affacciai sul tratto di strada, davanti alla mia casa. Un gruppo di persone stava arrivando sul marciapiede alla mia destra, tra loro distinsi un ragazzo che avanzava con disinvoltura, appoggiandosi ad una stampella bianca. Mi girai di scatto a sinistra, per decidere se potevo scendere l’alto gradino che dava sulla strada, appena in tempo per evitare un anziano signore, seduto in carrozzina e spinto da una giovane donna con delle borse della spesa. Una persona con la stampella, una in carrozzina ed io col deambulatore ci siamo incrociati come seguendo una coreografia. La danza emozionante del ritorno alla normalità della vita, nonostante la disabilità. La sceneggiatura del film della mia vita, mi aveva offerto un momento di sottile poesia.
Corredandola con un’immagine diRoberto Porcella, che ha illustrato anche le Avventure semiserie delle mie gambe (il mio libro, edito dallaGolem) ho cercato di riproporre una breve istantanea della mia quotidianità di persona disabile, una nuova avventura delle mie colonne portanti. In questo ho seguito lo stile dei miei brevi ritratti di corsia, con cui ho iniziato la mia collaborazione con La Stampa anni fa. Arrivai quasi dal nulla, in un piccolo spazio della copertina domenicale della cronaca di Torino.
Un frammento del mondo della disabilità, attraverso momenti rarefatti. Hanno ragione Simonetta Morelli eAntonio Giuseppe Malafarina, la poesia può essere il linguaggio privilegiato per parlare di disabilità.