E’ stato accusato di rigidità estrema per un biennio, Giampiero Ventura, poi improvvisamente ha iniziato a cambiare; era il finire dello scorso campionato, la dogmatica difesa a 4 diventava un fortino a 5 per proteggere una salvezza diventata improvvisamente traballante.
E ora, a cambiare ci ha preso talmente gusto, l’ormai ex Mister Libidine, che non solo ha presentato 13 formazioni diverse in 15 partite, ma ieri ha cambiato tutta l’impostazione studiata in settimana a 7 minuti dal fischio d’inizio.
Accade infatti che si fermi El Kaddouri (nulla di grave) nel riscaldamento; se ciò che interessa al tecnico fosse mantenere invariato lo schieramento provato in allenamento, provvederebbe a sostituire il marocchino con l’elemento più simile. Invece preferisce puntare sugli uomini, a costo di cambiare tutto; su alcuni uomini, per essere precisi, e assolutamente non su altri. Per cui, dentro D’Ambrosio: piuttosto che provare Bellomo, si inserisce un giocatore per il quale si era programmato un turno di riposo.
I risultati danno ragione a colui che, con questa partita, diventa il 10° allenatore di più lungo corso della storia granata? Il risultato, più che “i risultati”, sì: 1 a 0, Lazio a casa e Petkovic quasi.
Ma una tattica difensivista come quella impostata ieri prevede, per ottenere la vittoria, due requisiti quali:
- che di riffa o di raffa qualcuno trovi una zampata vincente nell’area avversaria
- che, dopo tale zampata, tutto venga affidato al contropiede di Cerci e alla sua buona vena
Ma la Lazietta di questo periodo non è stata in grado di impensierire seriamente un Padelli reattivo fra i pali e da brividi con i piedi, e nemmeno l’ingresso di Masiello e Meggiorini è riuscito a rovinare la festa al Toro. Quale festa? Quella che si accende guardando la classifica, e ignorando il “mucchione” di 8 squadre in 3 punti alle spalle: settimo posto, non accadeva da diciott’anni, ossia (pur se per molti adulti è roba grigia e mediocre) è comunque il meglio che molti ragazzi abbiano potuto vedere nella propria vita.