Nuovi abitanti di Mirafiori Sud: Alessia si racconta

Da un anno Alessia Davì è una nuova abitante di Mirafiori Sud. Arriva dal quartiere San Salvario e ha accettato la mia proposta di intervista per aiutarmi a capire come appare Mirafiori Sud a chi arriva a viverci. Leggete cosa mi ha detto!

Elena: Cosa ti ha portato a Mirafiori Sud? Lo hai scelto o ti ci sei trovata per “forze maggiori”?

Alessia: Ad essere sincera Mirafiori non è stato la nostra prima scelta. E’ stata una serie di circostanze a condurci qui, perché mi sarebbe piaciuto restare nel mio “vecchio” quartiere, che conoscevo così bene, che era ormai familiare e soprattutto dotato di qualsiasi tipo di servizio: c’era tutto a San Salvario per me, compresa la metro che almeno all’inizio è una delle comodità cui è stato più difficile rinunciare. Inoltre è un quartiere molto vivace anche culturalmente. Ma abbiamo dovuto allargare il raggio delle ricerche per la nostra nuova casa per motivi strettamente economici, ed è stata la casa che abbiamo trovato e poi scelto a portarci qui.

Alessia con Alveare che dice sì
Alessia con Alveare che dice sì

Elena: Cosa pensavi di Mirafiori Sud prima di arrivarci?

Alessia: Devo ammettere che ne avevo un’idea un po’ stereotipata di Mirafiori quartiere della Fiat, il quartiere della periferia industriale, degli operai. Ma era anche il quartiere dell’infanzia e della giovinezza di mia mamma (i miei nonni erano operai FIAT), dove venivo soltanto per far visita a mia nonna che era rimasta a vivere qui. Infatti mia mamma, dopo essersi sposata, ha seguito un percorso dalla periferia verso il centro, io l’inverso. Può avere il sapore di una retrocessione, di un tornare indietro a livello sociale, perché Mirafiori ha un’etichetta che è sinonimo di “periferia operaia”. Però una periferia con una sua dignità, quella di un lavoro che offriva la grande conquista di una casa di proprietà.

Elena: Adesso, dopo un anno, cosa pensi di Mirafiori Sud?

Alessia: Adesso sono contenta di viverci, credo che non ci sia in fondo un altro quartiere di Torino dove vorrei abitare, non vorrei nemmeno tornare “indietro”, sono stata bene a San Salvario, ma ho capito che per me rappresenta il passato. Questo, dove abbiamo acquistato casa per la nostra famiglia, è il nostro quartiere. Nostra figlia è una “mirafiorina”. Ne apprezzo la minor caoticità, una certa ariosità di spazi, il verde proprio sotto casa, i parchi gioco, l’essere in città, ma allo stesso tempo al confine col “fuori”. Poi c’è una speciale energia, una potenzialità latente che cerca modo di esprimersi collettivamente, un desiderio di miglioramento e di rilancio che forse nasce proprio dall’identità non definita o in evoluzione (anche Renzo Piano ne ha parlato nel suo articolo “Perché difendo le periferie”, il sole24Ore del 29 maggio 2016).

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