Paura buona e paura cattiva dopo gli attentati di Parigi

C’è una paura buona e una paura cattiva, il tema è quantomai attuale per i nostri figli dopo gli attentati di Parigi.

Il post che segue è tratto dal blog StaiSerenaSerenella di Serenella Sciortino.

– Ho paura –

Me lo ha detto questa mattina mio figlio, mentre leggevo le notizie sui quotidiani degli attentati a Parigi. E io ho pensato che ci sono due tipi di paura, quella buona e quella cattiva, quella da avere e quella da non avere.

La paura buona è quella delle cose che puoi controllare, su cui puoi intervenire. È giusto avere paura di attraversare la strada quando hai 10 anni e inizi ad andare in giro da solo. Perché quella paura ti farà fare attenzione mentre passi sulle strisce pedonali, ti farà controllare che le macchine che arrivano ti abbiano visto. Se tu non avessi paura, passeresti senza guardare, saresti distratto per strada, non ti accorgeresti di cosa hai intorno.

La paura buona è quella di un nuovo lavoro da affrontare, di un’interrogazione, di una malattia che ti aggredisce. Perché ti aiuterà a prepararti con cura, studiando, cercando di capire. Acuirà la tua capacità di concentrarti e di cogliere i segnali del tuo corpo, ti darà forza e coraggio per affrontare una prova. Se non avessi paura arriveresti poco preparato e inconsapevole di ciò a cui vai incontro e le difficoltà ti colpirebbero in piena faccia, lasciandoti stordito e indifeso.

La paura cattiva è quella che provi verso ciò che non puoi affrontare, ciò che non dipende da te. È la paura del terremoto che ti impedisce di vivere normalmente la tua vita, temendo che la casa ti cada sulla testa in ogni momento. È la paura del terrorismo, che ti fa vedere ogni persona intorno a te come un possibile pericolo, come un nemico. Che ti toglie slancio verso la vita, che ti chiude in casa e non ti fa più frequentare luoghi affollati, che ti fa evitare di dire quello che pensi perché potresti non andar bene a qualcuno.

– Non devi avere paura, Jacopo. Devi aver paura di ciò su cui tu puoi intervenire, non su cose che non dipendono da te. Perché non si può smettere di vivere perché qualcosa potrebbe accadere, non possiamo rinunciare a vivere a Parigi o a New York o a Roma o a Torino, perché qualcosa potrebbe succedere nella nostra città. La risposta è sempre quella di includere e non escludere, di costruire una comunità giusta e aperta, perché la povertà, di soldi o di istruzione, di possibilità e di futuro, rendono le persone deboli e disperate, capaci di farsi coinvolgere in azioni sbagliate –

Non posso educare mio figlio se ho paura, non può crescere se ha paura. Non possiamo permetterci di aver paura.

Autore: Gabriele Farina

Blogger, scrittore, regista, poeta, in fondo narratore di storie. Nel 2005 nasce il suo storico blog Vita di un IO