Interessante pronuncia in merito di occupazione del suolo pubblico per propaganda politica

Miei cari lettori, in questo periodo di elezioni Vi delizio con un’interessante pronuncia del nostro Illustrissimo Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte.

Premetto fin da subito che non è mio intento persuadere al sostegno di alcun credo politico, bensì valorizzare i diritti della nostra Carta Costituzionale.

Tutto origina dal ricorso presentato da un partito candidato alle prossime elezioni elettorali al fine di veder dichiarare l’annullamento del provvedimento amministrativo con il quale il Comune non  concedeva l’occupazione del suolo pubblico per propaganda politica.

Per l’Amministrazione la concessione del suolo pubblico è subordinata al rilascio di una dichiarazione di rispetto dei valori antifascisti sanciti dal nostro ordinamento Repubblicano.

In particolare, è espressamente richiesto di ripudiare il fascismo ed il nazismo, aderire ai valori dell’antifascismo posti alla base della Costituzione Repubblicana, ovvero i valori di libertà, di democrazia, di eguaglianza, di pace, di giustizia sociale e di rispetto di ogni diritto umano.

Sennonchè, il partito ricorrente allegava alla propria istanza una dichiarazione difforme dal modello-tipo stilato dalla Pubblica Amministrazione omettendo l’espresso ripudio del fascismo e l’adesione ai valori dell’antifascismo.

Tuttavia, i giudici amministrativi rigettavano il suddetto ricorso in quanto i valori dell’antifascismo e della Resistenza nonchè il ripudio dell’ideologia fascista sono valori fondanti la Costituzione e la loro conseguente omissione configura un tacito inneggiare al sostegno degli stessi ideali ormai decaduti.

Pertanto, quantunque valori come il diritto di eguaglianza, riunione, associazione, manifestazione del pensiero nonché di associazione in partiti politici parimenti tutelati dalla nostra Carta Costituzionale non consentano di subordinare l’esercizio dei diritti civili e politici a dichiarazioni di adesione ai valori dell’antifascismo, il T.a.r. Piemonte disponeva una netta limitazione dei medesimi.

Infatti, a sommesso parere di chi scrive, non possono essere coartati diritti costituzionali come quello politico attraverso l’obbligo di adesione a valori predeterminati.

Invero, il ripudio attinge alla sfera interna dell’individuo che non può essere coartata dall’Amministrazione in assenza di comportamenti e manifestazioni esteriori che si pongano in contrasto con le norme costituzionali e con le leggi dello Stato.

Ad ogni modo, speriamo che nei casi a venire i giudici amministrativi si discostino da tale pronuncia riscontrando nella medesima una strettissima limitazione dei diritti politici che ciascuno di noi ha la possibilità di esercitare liberamente.

Avv. Silvia Giovanna Martini

Studio Legale Franzetta Dassano

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“Da oggi lei è trasferito, questo è un ordine…non le devo alcuna spiegazione!”.

Forse per alcuni di noi la carriera militare è un lontano miraggio ovvero una meta mai predeterminata, tuttavia da ora i nostri valorosi militari saranno trasferiti tout cuort senza ottenere alcuna spiegazione.

Questo è quanto stabilito da una recente pronuncia del Tribunale Amministrativo per la Regione Lazio, la quale definisce i trasferimenti di autorità dei militari come ordini che, per l’effetto, non richiedono specifica motivazione o la partecipazione dell’interessato.

Tale disposizione trae origine dalla proposizione del ricorso amministrativo ad istanza di un   militare trasferito per ragioni di incompatibilità ambientale in quanto coinvolto in un procedimento penale per gravi reati.

Segnatamente i provvedimenti di trasferimento dei militari emessi per ragioni di incompatibilità ambientale, come nel caso di specie ma lo stesso vale per i più generali provvedimenti con la quale l’Amministrazione dispone il trasferimento degli stessi, prevedono un’attenuazione delle garanzie procedimentali per il sottoposto.

Pertanto, vengono eluse le garanzie di partecipazione preventiva proprie di qualsivoglia procedimento in ossequio al principio del contraddittorio il quale, “volgarmente” per chi non è operatore del diritto, permette di esprimere le proprie ragioni e difendersi come, d’altronde, prevede anche la nostra Carta Costituzionale.

Tanto più che, i nostri valorosi combattenti non godono della possibilità di venire a conoscenza della motivazione che ha condotto al proprio trasferimento.

Con l’ardire di spingersi oltre, è forse questa la nota dolente della summenzionata pronuncia del Collegio amministrativo.

Tuttavia il suddetto provvedimento di trasferimento non rappresenta, ictu oculi, una misura di carattere sanzionatorio ovvero punitivo in quanto mira semplicemente ad assicurare che la Pubblica Amministrazione possa godere della fiducia dei destinatari della sua azione nonchè possa continuare ad assolvere ai propri compiti in maniera proficua.

Infatti la ragione della sopraccitata disposizione o, per meglio intendersi, del suddetto ordine si  rinviene nella tutela dell’interesse pubblico senza la necessità di procedere ad ulteriori accertamenti sulla sussistenza della responsabilità del sottoposto.

Pertanto, l’adozione del provvedimento di trasferimento risulta avulsa in toto dalle indagini sull’origine della situazione venutasi a creare a discapito del militare.

Anzi tale ordine viene emesso, altresì, nei casi di semplice messa in pericolo del bene giuridico che il medesimo  tutela.

Nel caso che ci occupa, tale bene è rappresentato dal corretto funzionamento dell’ufficio nonché dal relativo prestigio e non dalla permanenza del militare presso una determinata sede di servizio, la quale ultima costituisce una semplice modalità di svolgimento del medesimo.

Ebbene si, cari e valorosi militari, prestate il vostro zelante servizio ma tenete sempre pronta la valigia nell’armadio… non avrete tempo di chiedere alcuna spiegazione che dovrete già partire per altra destinazione.

Dott.ssa Silvia Giovanna Martini

Studio Legale Franzetta Dassano

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Fermo amministrativo dei veicoli registrati

Sarà capitato a tutti di sentire parlare di “fermo amministrativo dell’autoveicolo” e di chiedersi di cosa di tratti e di quali possano essere le conseguenze sul veicolo interessato.

Il fermo amministrativo dei beni mobili registrati altro non è che uno dei procedimenti formali attraverso cui i Concessionari della Riscossione, vale a dire quelle Società alle quali viene affidata la riscossione dei tributi, delle sanzioni amministrative, etc, mediante un’apposita concessione, possono attivare procedure a garanzia del credito degli Enti impositori.

A questo punto occorre precisare che i beni mobili registrati sono quei beni disciplinati dall’art.815 del Codice Civile; si tratta di beni che, per la loro importanza economica, quanto a determinati aspetti della disciplina giuridica, della forma e degli oneri di pubblicità, sono equiparati dal legislatore ai beni immobili e, pertanto, sono iscritti in pubblici registri: sono beni mobili registrati i beni di locomozione e di trasporto come le navi, gli aeromobili e gli autoveicoli.

Un bene gravato da fermo amministrativo non può circolare, non può essere venduto e non può essere radiato dal pubblico registro: pertanto, esso risulta essere, di fatto, inutilizzabile.

Infatti, qualora la Pubblica Autorità dovesse reperire in circolazione un mezzo gravato da fermo amministratore dovrebbe elevare una sanzione amministrativa all’utilizzatore (compresa tra € 714 e € 2.859), emettere disposizione di custodia forzata del bene ed avvisare l’Agente della Riscossione che ha materialmente iscritto il fermo di provvedere al pignoramento del bene.

Il procedimento di fermo amministrativo può essere attivato dall’agente incaricato della riscossione in caso di mancato pagamento di una cartella esattoriale entro 60 giorni dalla notifica della stessa.

Tale procedimento nella prassi si sostanzia nella verifica della titolarità del bene in capo al debitore e nella successiva notifica del c.d. “preavviso di fermo amministrativo”, un provvedimento amministrativo mediante il quale l’ente incaricato della riscossione comunica al debitore che, nel caso in cui non provvederà al pagamento del debito nel termine di 20 giorni, procederà all’iscrizione del fermo sul veicolo individuato.

La mancata comunicazione del preavviso di fermo è motivo di nullità del fermo stesso.

In tale atto dovranno essere riportati alcuni elementi, fra cui: la natura del debito, l’importo dovuto e l’anno di riferimento, il numero della cartella esattoriale e la prova della sua notifica, l’indicazione del responsabile amministrativo, dell’autorità amministrativa presso la quale ricorrere e dell’autorità giudiziaria competente.

In caso di mancato pagamento del debito nel termine indicato nel preavviso di fermo ovvero qualora non venga proposto ricorso avverso il suddetto provvedimento, l’ente potrà procedere con l’iscrizione del fermo sul veicolo nel pubblico registro pertinente (nel caso di un’automobile, ad esempio, il PRA).

Ovviamente anche avverso il provvedimento di fermo amministrativo, così come per il preavviso di fermo, è ammesso ricorso avverso la competente autorità giudiziaria: la giurisprudenza è oramai unanime nel ritenere che si applichino in materia le norme generali in tema di riparto di competenza per materia e per valore, pertanto, tutto dipenderà dalla natura del credito in virtù del quale viene iscritto il fermo.

A titolo del tutto esemplificativo e non esaustivo, nel caso in cui il debito origini dall’irrogazione di una sanzione amministrativa per violazione del Codice della Strada l’autorità giudiziaria competente sarà individuata nel Giudice di Pace, nel caso di debiti di natura tributaria, invece, nella Commissione Tributaria.

Nel caso di più ragioni eterogenee di credito dovranno essere adite le autorità giudiziarie competenti per ciascuna materia e per ciascun valore.

Quanto ai termini per proporre ricorso, anche essi variano in relazione alla natura del debito ed al tipo di vizio.

 

Avv. Raffaella D’Amico

Studio Legale Franzetta Dassano

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