Cronache di costume

La band di Rocco Papaleo

band_rocco_papaleoA Novara Una piccola impresa meridionale bis di Rocco Papaleo e Valter Lupo è andata in scena al Teatro Coccia e non solo. Due spettacoli a teatro pieno e tre giornate in città hanno lasciato un’impronta forte.

Un successo previsto, quello di Rocco Papaleo. Della sua umanità e della sua cifra artistica miscelate con leggerezza e ironia al cinema come nella musica e sul palco. D’altra parte il suo teatro-canzone è anche vita di memoria e movimento, realismo poetico e armoniosa sensualità. Note e parole con un ritmo che accarezza e poi sollecita, con garbo.

E’ una formula ‘magica’, quella di Rocco Papaleo. Che canta Sinatra, avvicina tutti alla potenza e agli orizzonti della musica, avvolge nel tepore del pane e frittata di sua madre che è la culla emotiva delle nostre specificità, si avventura a piedi per riappropriarsi del tempo, fa l’amore o guarda all’amore che se ne và, abbraccia i piaceri di Bertold Brecht fino al sublime messaggio della gentilezza.

I treni che non passano o portano altrove, i momenti buffi, la malinconia, quella naturalezza che si fa filo di verità sussurrano emozioni, declinano versi di giorni e pensieri. Tra rime che non si baciano e una foca che se ne và al polo Rocco Papaleo e la band diventano biografie di una cultura, di una radice, di un senso, di una riflessione. E quella sorta di ‘racconto popolare’ magnificamente abbellito dalla melodia stupisce e rapisce perché, finalmente, restituisce valore alla semplice verità.

Una morale senza lezione un po’ commuove un po’ entusiasma. Spoglia e alla fine fa sentire tutti meglio, meno ingombranti e più liberi. Liberi di sorridere e di non prendere troppo sul serio quello che serio non è.

Ma c’è una pagina nella pagina, quella che scrivono ogni sera a teatro i musicisti che lo accompagnano con il talento sugli strumenti e lo spirito dei buoni ‘saltimbanchi’. Quella che offre la misura di un portento di scelte e condivisioni. Quella che ritrovi intatta in strada, a tavola, con gli amici. Il loro scrigno di sogni e fatiche, di desideri e occasioni. Un cammino sincero, fuori dalle pose, impregnato di una amarezza lieve e di uno straordinario swing.

Bravissimi, Arturo Valiante al pianoforte, Guerino Rondolone al contrabbasso, Jerry Accardo alle percussioni, Francesco Accardo alla chitarra. Speciali le loro ‘timide’ incursioni nella recitazione guidate da un Rocco Papaleo padrone di casa. E, su tutto, magnifici i loro profili da scapigliati dolci. Mi sono inebriata della loro arte essenziale. Ci ho trovato dentro quell’inespresso che rischiamo di perdere se inseguiamo fronzoli che urlano. E ho potuto godermeli dietro le quinte, lontani dalla scena, nei passi improvvisati e divertenti della quotidianità. Mi è arrivata in tasca qualche ricchezza in più.

Li ho ritrovati più maturi e coinvolgenti, merito presumo dell’affiatamento del tempo e di un lavoro di grande professionismo, di Rocco Papaleo e del regista Valter Lupo. Li ho ritrovati compagnia amabile e simpatica e questo non è un aspetto trascurabile. Anzi. Anche questa è Una piccola impresa meridionale.

Buona vita, band di Papaleo.

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