Celentano contro Farinetti

adriano-celentano-Celentano accusa Oscar Farinetti di fare più impresa che cultura del cibo. Eataly, amata odiata Eataly, ha aperto a Milano in quello che era il Teatro Smeraldo.

Celentano solleva sostanzialmente una questione morale. Di verità e di rispetto della cultura che secondo lui in Farinetti difetta. Lungi dall’avventurarmi nel merito e nel giudizio, sulla creatura e sul suo ideatore, che richiederebbero un polso su Eataly che non ho, mi piace soffermarmi sul riferimento all’operazione di ‘immagine’. Se Farinetti avesse restituito lo stabile alla sua funzione storica, avrebbe sicuramente goduto di un favorevole ritorno di immagine. Pare insomma che Celentano invochi un tempo dei ricchi che sanno, almeno per strategia promozionale, fare anche qualcosa che non si traduca in sonante e immediato profitto.

Il discorso è stuzzicante per me che mi arrovello da anni su certa spudoratezza e su certa smania di denari ma in tutta sincerità qui traballo. Farinetti è un imprenditore, investe dove e come crede sia remunerativo. Magari ha fiutato non fosse affare suo ripristinare il teatro e ha percorso altre strade per l’impegno ‘etico’ e sociale. Oppure davvero ‘cultura’ è una parola copertura, come ritiene Celentano. Non lo so e non è questo il punto.

Quello che non vorrei, partendo da Farinetti e non scrivendo di Farinetti, è che fare esponesse sempre a condanne più severe che stare a guardare e pontificare. Il rischio non è che questo Paese si immobilizzi del tutto?

Occhi aperti, d’accordo. Denunciare uno scempio, un patrimonio accumulato illegalmente, un’economia spregiudicata è diritto dovere di tutti però occorre un ‘sistema’ di valori complessivi che consenta comunque di non sprofondare nelle sabbie mobili. Il teatro Smeraldo poteva avere un futuro migliore? Non ho risposte, mi interrogo ecco tutto. Anch’io credo che un imprenditore che si mettesse a fare qualcosa tout court per la cultura potrebbe mietere consensi e quindi poi finire per guadagnare assai più che con dirette attività commerciali eppure la croce in spalla a Farinetti non risolve i problemi di questo terribile periodo di crisi multistrati.

Mi faccio anche una domanda: le persone bazzicano di più i teatri o Eataly?

Non voglio giustificare Eataly sulla infatuazione del momento. Anzi. Mi piacerebbero assai le scelte audaci e profonde, quelle che una volta si sarebbero dette educative a lungo termine. Ho la vaga impressione però che un tessuto economico che fa acqua da tutte le parti regga più le toppe che le nobili lungimiranze.

Si, sono confusa. Sentimentalmente vorrei dare ragione a Celentano. Ripeto, non ‘contro’ Farinetti ma concettualmente. Ma in preda alla brutta logica dell’emergenza tarpare le ali a chi fa imprenditoria mi spaventa un poco.

Aiutatemi a capire, se potete.

I politici nella rete

politici_blogI politici, nonostante il fallimento della politica sia di clamorosa evidenza, non ne vogliono sapere del web e del ‘contatto’.

Snobbando il blog di Beppe Grillo e quindi molti umori della strada si erano del tutto persi il prevedibile risultato delle ultime elezioni politiche. A livello locale, alla vigilia di ogni chiamata alle urne per le amministrative, la situazione non è diversa. Tutti ormai distanti dalla ‘gente’. Incapaci o indolenti non si prendono cura di familiarizzare con i nuovi mezzi di comunicazione. E, se lo fanno, si impegnano a tempo determinato: giusto il tempo per racimolare consensi con qualche slogan e tante promesse o per tirare calci a parole contro il sistema del quale fanno parte a fatti.

Una volta i politici avevano almeno la furbizia o il buon gusto di avvalersi di qualche valido polso del territorio, di un buon suggeritore che sapeva sempre quali parole e scelte la ‘base’ avrebbe capito e apprezzato. Poi è arrivata una spocchia che ha dato loro due scellerate convinzioni: quella di non avere bisogno di alcun efficiente ed efficace interlocutore popolare e quella di potersi permettere il lusso di avere accanto al massimo qualche statuina molto piacente e poco pensante.

Il blog sembrava, a destra e a sinistra, il ridicolo palcoscenico di un urlatore. Qualcuno è corso ai ripari quando si è accorto che comunicare, interagire, avvicinarsi via internet oltre che utile e sensato è sostenibile in termini logistici più di impossibili o improbabili maratone su e giù per un Paese che non ha neanche più una capillare e vivace rete di attivismo cui riferirsi e appoggiarsi. Ma non ne ha una considerazione alta e sincera e i naviganti abituali lo annusano eccome. Pescano il ghostwriter tra i raccomandati, probabilmente. Oppure si improvvisano blogger, non so.

Inutile storcere il naso. O, peggio, aprire specchietti per allodole, dispensare contentini, far calare una riga come fosse una perla di saggezza. Ci vuole altro per arrivare a cittadini incazzati, delusi, preoccupati. E aggiungerei intelligenti, cari politici. Perché vi siete proprio abituati a considerarci tutti più o meno imbecilli ma potreste e dovreste scoprire che non lo siamo.

Un blog? Una pagina facebook? Cari politici vi consiglio e mi auguro sappiate rispettarli invece di credere che basta averli per conquistare applausi e voti.

RENZIamoci

Dalla pagina di Cronache di Costume si può comodamente osservare la piega socio-culturale della politica senza farla, la politica.

Con Renzi o contro Renzi la realtà è che abbiamo un Presidente del Consiglio alternativo a quelli cui eravamo abituati: per atteggiamento, linguaggio, ritmo. Se saranno tutti fatti o parole lo vedremo presto. E, anche questa, è una novità: il calendario di Renzi è proprio quello che teniamo appeso in casa, non risponde ai confusi tempi senza tempo dei suoi predecessori. Inutile additare e pretendere miracoli, dunque. Se abbiamo taciuto fino ad oggi sicuramente ora dobbiamo concedere a lui un ragionevole periodo di lavoro.

Arriva forte e chiaro. A chi lo trova simpatico e a chi non lo sopporta. Questo è un sano indicatore di personalità. Che è molto più facile matteo_renzipiaciucchiare a tutti, scontentare nessuno, essere abili a barcamenarsi tra fazioni, svicolare dalle decisioni. Quella di Renzi invece è una falcata determinata, audace, briosa. Di quelle che appunto a qualcuno mettono speranza, ad altri fanno gridare di dolore calli, fastidio e invidia.

E’ entusiasta, compiaciuto. Perfino un po’ borioso, dicono da più parti. Io sono andato a sentirlo diverse volte negli ultimi anni e ne ho tratto l’idea di uno che gode a farcela, che ha l’ambizione della gloria. Cosa che in questo Paese e nella situazione attuale trovo, in tutta franchezza, un’onda da cavalcare.  Per intenderci l’impressione è quella di un uomo che desidera emozionare, scatenare consensi, generare eccitazione collettiva. Un’ottima spinta. Garbi o non garbi la faccia o il metodo se gli preme il risultato del ‘benessere’ del Paese per  guadagnarsi il trofeo della bravura, del coraggio, della tenacia faccia pure.

Sarà frenato, si ingarbuglierà nella burocrazia, cadrà in qualche trappola, borbotta più chi rosica che chi ha qualche ‘ricetta’ diversa da proporre. Già, gli ostacoli, gli sgambetti, la burocrazia, le sacche di resistenza a assurdi privilegi. Sempre la solita storia. Si scava tra verità e illazioni su chi tira i fili a Renzi come se tutti gli altri non avessero altrettanti fili tirati da chissà quali altri burattinai. E nello stesso momento si racconta ancora di una politica che non può saltare, fare, ripulirsi, sciogliere i nodi o capire da chi è più opportuno farsi ‘guidare’.

Comunque è irritante oltre ogni umana tollerabilità che accusi di qualche spocchia Renzi un campionario di spocchiosi, disonesti o smidollati. Ecco, di chiacchiere, buchi, ingiustizie e inconcludenze l’Italia non può più campare. Certo che ci vuole una dose non comune di autostima per ritenersi capaci di imprimere una Svolta buona. Magari pure uno spirito da irriducibile sognatore. Ma sono decenni che vediamo autostima sfacciata e irrispettosa farla da padrone tanto da ridurci ai minimi storici in tutti i sensi, vogliamo forse negarne la possibilità solo a Renzi?

E’ qui la festa

quotidiano_piemontese_festaQuella delle donne, quella degli uomini, quella di Quotidiano Piemontese, quella di Novajo, quella della ‘comunicazione’, quella del presente e del futuro. Questione di spirito. Ce ne vuole parecchio ma qualcosa mi dice che possiamo farcela, a tirarlo fuori. Ecco, parto da ‘comunicazione’ per questo 8 marzo.

Poco importa piaccia alle donne festeggiare, agli uomini riconoscerlo, al mercato intero farne occasione o che invece sia uno dei tanti momenti di un percorso, un giorno a caso del calendario, una ragione di riflessione. Conciliamo tutto e tutti. Facciamo che oggi sia il giorno programmato per l’inizio del viaggio. Il viaggio di donne e uomini nella ‘comunicazione’. E’ proprio bella e allettante questa combinazione.

Informazione, relazione, scambio, confronto, spiegazione, conforto, collaborazione. Con la comunicazione possiamo volare alto, arrivare ovunque, capire, diffondere, ridere, abbracciare. E’ qui la festa, quella della sfida e del cammino. Quella dell’ironia. Quella della passione. Quella del merito. Quella della volontà. E, diciamolo, pure di un pizzico di serenità. Che siamo fatti per incrociarci, crescere, condividere. Per contagiarci di meraviglie.

Perché insieme siamo più forti, su questo non posso essere smentita. E perché un brindisi collettivo è molto più eccitante. Con la dignità di persone e l’euforia femminile e maschile. Niente di melenso, per carità. Che qui, la festa, non celebra armonie di facciata, accordi posticci e dolcetti scherzetti. Siamo più seri che mai. Ovvero ci burliamo allegramente di tutti gli attriti e le stupidità.

Guardiamo avanti, oltre. Così mi piace sentirlo e abbracciarlo, questo frizzante sogno che si sveglia nella realtà che è QP con tutti i suoi progetti e i suoi domani.

E’ qui la festa. Quella del costume che ha bisogno di rinnovarsi o spogliarsi o guardarsi allo specchio. Un po’ con severità un po’ con ottimismo. Ma, anche su questo, senza troppo zucchero. Preferisco uno sguardo intenso in equilibrio tra verità e speranza, con le punte acide e quelle amabili. Come la vita.

Infine, concedetemelo, è qui anche la festa dei ghostwriter. Quelli come me, appesi al filo di una storia, penne di qualcuno, pronti all’avventura. Quelli che non hanno paura della comunicazione, anzi.

La pasta sfoglia di Joe Bastianich

Tante volte penso ai guru che stanno dietro la comunicazione, le scelte del testimonial, le forze della persuasione. E poi mi trovo Joe joe_ bastianichBastianich che reclamizza la pasta sfoglia Buitoni e non so se è bene, per lui, per la pasta sfoglia o per la Buitoni. O se è una di quelle burle che riportano un po’ di equilibrio tra fama da chef e fame da comune mortale.

Insomma Joe Bastianich alla cuoca non provetta può raccomandare una pasta sfoglia pronta all’uso per amore dei commensali: meglio qualcosa di confezionato che un’immangiabile produzione domestica. Sarà proprio questo il senso. Che di certo non posso andarlo a trovare nella logica stringente dell’incoerenza no?

Potrebbe scappare di chiedersi che pasta sfoglia usa e mangia Joe Bastianich. E come abbia valutato di consigliare quella Buitoni. Non sarà stato il compenso di ingaggio, sicuramente l’ha valutata attentamente, non è muoruto e, anzi, ha scoperto che è di gran lunga meglio di quella della mamma. D’altra parte Buitoni ha saputo intuire quanto possa essere seducente un’occasione, alla faccia dell’integerrima posa da duro e puro.

Non mi resta che vedere al supermercato quanti carrelli si riempiranno di pasta sfoglia Buitoni per il trionfo dell’arte culinaria.

Io la compro, la pasta sfoglia. Buitoni o non Buitoni che sia. Me ne vergognavo un pochino. Avrei ben potuto cimentarmi e farla con le mie manine. Ora, se non si vergogna Joe, che faccio, smetto pure io? Di vergognarmi, intendo.

Magari invece mi risolvo a rimboccarmi le maniche e impastare. Può darsi che con ciò mi avvii a diventare la futura Joe Bastianich.

La band di Rocco Papaleo

band_rocco_papaleoA Novara Una piccola impresa meridionale bis di Rocco Papaleo e Valter Lupo è andata in scena al Teatro Coccia e non solo. Due spettacoli a teatro pieno e tre giornate in città hanno lasciato un’impronta forte.

Un successo previsto, quello di Rocco Papaleo. Della sua umanità e della sua cifra artistica miscelate con leggerezza e ironia al cinema come nella musica e sul palco. D’altra parte il suo teatro-canzone è anche vita di memoria e movimento, realismo poetico e armoniosa sensualità. Note e parole con un ritmo che accarezza e poi sollecita, con garbo. Leggi tutto “La band di Rocco Papaleo”

Nu juorno buono

Rocco Hunt, il simpatico e bravo rapper salernitano, non segue proprio ‘o pallon perché la sua passione è o’ microfon.rocco-hunt-poeta-urbano-

Mi piace, Rocco Hunt. Mi piace molto meno precisare la provenienza e sorridere di una ‘fede’ diversa da quella del calcio. Ma l’Italia è anche l’unità incompiuta, una sotterranea (neanche troppo) perenne incomprensione, un campo minato di campanili e una enorme periferia che deve avvicinarsi ai centri per emergere.

Se tutti ci rendessimo conto che certi disagi sono in realtà spalmati esattamente da nord a sud, che la forza enorme sta nella complicità, che nel mondo ‘globalizzato’ Milano e Roma potrebbero non essere gli unici spazi di opportunità avremmo vinto molto più della Lotteria Italia di tutti i tempi ma facciamo ancora fatica a compiere questo facilissimo salto di pensiero.

E insomma Rocco Hunt diventa al Festival di Sanremo una sorta di nuovo simbolo campano come Arisa per la Basilicata. Indubbiamente da artisti dovrebbero gioire di essere orgoglio della musica più che orgoglio di uno spicchio di terra ma a loro tocca come a molti altri barcamenarsi tra radici e presente o, meglio, futuro. Essere portatori di una convinzione: che il talento o giù di lì sono cose che nascono ovunque.

Questo discorso mi sconforta sempre un po’. Mi ritrovo con la classica speranza che sa di finire disperatamente disillusa. D’altra parte…se non ora quando? Almeno bisogna esprimerla ‘questa cosa’ che ci tarpa le ali, questo frazionamento che ci indebolisce, questo assurdo rifiuto di cogliere un valore che rappresenterebbe il vero trampolino di lancio del Paese intero. Intero.

Sogno nu juorno buono per l’Italia. Parrà strano ma mi sento italiana e già mi pare una piccola grande ‘miseria’ perché preferirei sentirmi sempre e solo una terrestre.

Rocco Hunt il tuo accento si deve sentire ma anche tu staresti a meraviglia, come me, in un Paese che non ha bisogno di cantarlo per infrangere pregiudizi, rivendicare le bontà, difendere la vita e i sogni.

In bocca al lupo, carissimo rapper.

John Elkann: il pulpito e la predica

Tutti sanno che secondo John Elkann i giovani italiani non trovano lavoro perché stanno bene a casa o non hanno ambizione. Fa John_ELKANNriferimento a molti lavori ai quali i ragazzi non sembrano interessati e quindi ‘liquida’ sostanzialmente l’emergenza occupazione e futuro come una questione di scarsa o cattiva volontà e assenza di bisogno.

Diego Della Valle ha pensato prontamente a dargli dell’imbecille, presumo interpretando il desiderio e il pensiero collettivo. Inutile ripetersi. Solo un privilegiato può essere tanto avventato, sgraziato e improvvido.

La crisi più drammatica la vivono gli adulti, in realtà. A 40 o a 50 anni (per non dire oltre) sei un fantasma nel mondo del lavoro eppure non hai una pensione a portata di mano e magari hai una famiglia da mantenere. Forse per i giovani la predica non sarebbe dunque sbagliata al 100%: è talvolta impossibile per un 20enne che non si chiami Elkann o giù di lì trovare il mestiere dei sogni, esercitare l’agognata professione, collocarsi nel posto che piace ma sono invece percorribili strade alternative. Ci sono settori e mansioni dove l’offerta è continua e talvolta pure consistente eppure la gioventù non li trova appetibili e soddisfacenti.

E’ il pulpito che francamente fa prudere le mani. John Elkann ha perso una buona occasione per tacere. Gli imprenditori che potrebbero fare lezioni o dare bacchettate sono anni luce diversi da lui.

Eppure ho l’atroce sospetto che per uno nato John Elkann sia davvero difficile capirlo. Mi pare un guaio peggiore dell’imbecillità espressa. Non per lui, per noi tutti, che proseguiamo a non affrontare seriamente tutto il nostro costume beota e decadente.

Fa Fico avere una figlia da Balotelli

Raffaella-FicoVoglio che Pia cresca come la figlia di un calciatore riassume, più o meno, il tenore delle dichiarazioni di Raffaella Fico.

Mario Balotelli è il papà che fa fico avere, in estrema, amara sintesi. Qui l’amore di un padre non conta. Sono ben altre le qualità e le possibilità alle quali Raffaella Fico ambisce per la figlia.

Dovrei provare qualche tristezza per lui. Un uomo che vale solo in quanto calciatore di alto rango probabilmente qualche motivo di delusione o infelicità potrebbe provarlo. Il fatto è che non mi riesce di fingere grande comprensione e solidarietà: presumo abbia avuto tutte le opportunità per comprenderla a priori questa realtà ma non ha evidentemente ritenuto di non volerla vivere.

Quello che non posso evitare è il dispiacere per la piccola Pia che, con la sua mamma assai parlante e ingombrante, magari faticherà a sapere che le donne possono anche amare e rispettare, avere dignità e dolcezza, proteggere valori e intimità. Che le donne possono anche essere felici di una serena e autentica seconda classe. Che le donne possono partorire con forza e gioia il frutto di sentimenti senza portafogli, insomma con un Mario padre e non un Mario calciatore.

Ci sarà qualcuno pronto a dirmi che non posso indagare sulle emozioni e sulle scelte di chi non conosco. E potrei convenire se Raffaella Fico avesse taciuto, se potessimo occuparci di una vita e di una società dove le riflessioni di Mario Balotelli non arrivano sui social network, se Pia domani non fosse una di noi tra noi, se non passasse a migliaia o milioni di ragazzini e ragazzine l’idea che fa fico avere una figlia da Balotelli.

Se tutti i tempi vengono verrà anche quello in cui la prima classe non sta nel portafogli o nella notorietà? Magari per potercelo augurare dobbiamo iniziare, almeno, ad esprimere il desiderio.

Ecco, diciamo che io sogno quel momento lì e voglio credere che prima o poi i sogni si avverino.

Gli antenati del codista

Giovanni Cafaro, l’ormai noto ‘codista’, ha antenati ingegnosi. Non lo sono all’anagrafe ma lo sono dal punto di vista culturale e sociale.cafaro-coda

In città come Napoli la storia insegna che l’arte di arrangiarsi aveva già inventato il mestiere di Giovanni Cafaro al quale però, sia detto, và abbondantemente riconosciuto il merito di averlo regolarizzato e comunicato al mondo in modo molto professionale ed efficace.

Non l’ho accertato ma presumo non si sarebbe infilato in tv o sui giornali se fosse stato aggredibile dalla pesante mano dei controlli amministrativi e fiscali. E questa, francamente, è una bella dimostrazione di intraprendenza e tenace volontà. Nel nostro bel Paese oltre a mancare il lavoro spesso manca la via percorribile per sudarselo. La burocrazia sconosce il tipo di attività e quindi ti catapulta in chissà quale girone o richiede tali e tanti adempimenti da scoraggiare qualsiasi audace iniziativa.

Ora c’è solo da augurare a Giovanni Cafaro e a chi eventualmente volesse seguire l’esempio, io ci sto pensando seriamente ad esempio, che lo Stato non abbia troppe pretese e gli lasci quindi un dignitoso margine di guadagno.