Cara C.
è finita la scuola ed è iniziato il periodo della lunga estate calda, quando la moglie va in vacanza (magari) e i topi ballano.
La speranza di tirare il fiato noi l’abbiamo persa nel momento in cui ci siamo ritrovate dall’altra parte della barricata: alla fine dell’anno scolastico, con figli, figlie da piazzare. Ma dove? In centri estivi, strutture polivalenti, campi sportivi, agonistici e non agonistici, settimane dello sport e della musica, perse alla ricerca di un posto in cui metterne i discendenti.
L’offerta è vasta e ce n’è per tutti i gusti ma io non ti nascondo che ho sempre privilegiato i luoghi in cui vi fosse anche la famosa “ora dei compiti”.
Fino a quando non è arrivata la circolare n.00generazionezeta di quest’anno sul registro elettronico di uno dei miei figli.
Il ragazzo stranamente si trovava a guardare lo strumento digitale tra un tiktok e l’altro e per sbaglio è inciampato nel nuovo verbo.
-“Ma! Ehi guarda!! non ne abbiamo!!” -”Cosa?”
La risposta si perde nella scia di vento lasciata dalle suole delle scarpe del ragazzo che, dribblando il gatto, è già fuggito in strada a festeggiare e a perdersi nei meandri dell’estate in piazzetta.
Il figlio è sparito lasciandomi con la bocca spalancata a penzoloni sul registro elettronico e asciutta di indignazioni e imprecazioni.
Apro lo strumento digitale e vedo un messaggio verde già spallinato dal figlio.
Si tratta di una lettera del coordinatore di classe che risuona nel mio orecchio come una declamazione di gassman. La missiva recita una sorta di vademecum newagepostsessantottino.
“Cari frequentatori della scuola post riforma Moratti, quest’anno grazie al Pdrdtp (pianodirecuperodeltempoperduto) siete free. Questa sperimentazione didattica transeuropea vi lascia un unico compito, vi lancia una sfida, importante umana, sovraumana. Guardando con altri occhi in una nuova direzione, sperimenterete il faidate del caxxeggio cosmico”
Ammetto C. di non essere stata così fedele al testo, il mio racconto era già condito da versi gutturali, parole poco in auge ma molto note e invise alla chiesa cattolica ed altri rumori usciti per caso dalla mia bocca.
La lettera continuava disturbando il mio campo visivo:
“Amatevi gli uni gli altri, giocate a pallone, ascoltate musica, scoprite un posto nuovo, annusate l’aria (quella di Torino poi), toccate con mano un airone volare e poi inseguite un aquilone costruito da voi (o comprato da Tiger) fate surf nel bagni del fiume (ma il bagno nel Po anche no!!)”.
Mi metto le mani nei capelli, ho gli occhi fuori dalle orbite e comincio a pensare che vorrei mandare i miei figli con questo genio a seguire una transumanza di vacche in Trentino. Comincio a parlare da sola, pensando che il fantasma stia tornando a perseguitarmi, lo spettro del tempo perduto!
Divento ansiosa, e respiro affannosamente come dopo una corsa inizio un monologo: “ma se è già è stata dura convincerli durante l’anno ad aprire i libri, io dico, guardandomi le mani e contando su una mano i libri letti da uno o dall’altra o dai tre. Mi scopro a mordermi la mano come Peppino in una commedia di De Filippo.
Mi volto verso la riproduzione della mummia di Munch e respiro ed inspiro e improvvisamente mi calmo al pensiero del fato e degli esperti.
In un’era di tuttologi terrapiattisti e scienziati dell’ultima ora, non sono di certo tenuta a giudicare, le scelte della Scuola o del Ministero o di chissachì.
Poi non so perché penso a loro, il termine di paragone della nostra esperienza educativa scolastica e familiare.
“Guarda tuo cugino come è bravo? O tua cugina, lei sì conosce la matematica come Archimede!!
Ma guarda i cugini francesi come sono bravi e che percorso scolastico che hanno!!
Oddio quanti dubbi mi colgono impreparata!!
Sarà giusto non dare i compiti in una lunga estate come quella dei nostri figli che si fermano a lungo,
Non come in Francia!! (ammiccando minacciosa e sfidante allo specchio)
C. ormai parlo da sola, sono andata nei miei giri di pensiero, dove i francesi sono meglio di noi, fanno tutto meglio di noi, tranne il bidè ma chissenefrega usano le salviettine, tutto meglio di noi, il vino poi, ma portano anche la baguette sotto il braccio poi.
E bon, ho capito che il mio delirio nasce da una crisi profonda non di mezz’età ma di coscienza postPunkkuturale politica. Guardo la mia faccia nello specchio e mi punto il dito dritto sul muso.
Non è cara mia che stai diventando un po’ troppo cerchiobottista? Vorresti figli rivoluzionari e liberi e poi ti indigni se, (su su dillo) se non leggono o fanno i compiti per un’estate?
Confessione allo specchio.
Oddio, dai solo un tanticchio di un classico, un ripassino di mate, un po’ di grammatica mentre guardi i fiori sbocciare al Valentino, un po’ di Storia, così, giusto mentre varchi il ponte levatoio del Castello del Valentino e scopri che è un falso storico ricostruito ma ora, è un vero pezzo di storia.
“Maaaaaaaaaa, maaaaaaaaaa!!”, sento urla e schiamazzi provenire da dietro l’uscio di casa, Mio figlio rientrato in casa e non credo ai miei occhi, si avvicina alla libreria e prende un libro.
“Sai Maa! visto che non ci sono compiti quest’estate pensavo, dai su Maa, lo sai , inizio subito a leggere un bel classico” e mi sventola un Pavese a caso sotto il naso.
Io sono commossa e mentre grido al miracolo il ragazzo mi fa perepepepe e mi ride in faccia: “Maaaa, ci hai creduto!!! Tieni va, un’altra volta!! dai quest’anno ce l’hanno detto anche i Prof”.
Guardo Pavese e guardo mio figlio, peso Pavese e cerco di mettere a fuoco il bersaglio, riguardo Pavese e penso no è una ristampa storica, guardo il ghigno malefico e menefottodelleedizioni storiche, tiro e centro la porta, spaccando un pezzo di vernice veneziana finto raffaello.
Raccolgo Pavese e mi accascio sul pavimento, il caso è malefico come quell’ingrato.
Gli ho tirato la Bella Estate
Solo per lui, solo per lui !!
Cara E.,
andiamo per ordine in questa vita che di ordine ne propone poco a favore di libertà a tutti i costi che un costo ce l’ha, diritti pretesi con diritto e modi discutibili, possibilità senza confini che dovrebbero averli.
Parto tornando alle origini che spesso mi salvano, balsami su ferite che non comprendo e quindi non so curare. La Treccani, bussola imperitura nel maremagnum delle incertezze linguistiche e di pensiero mi dice:
Cómpito: s. m., dal lat. tardo compŭtus. – Parte di lavoro che si assegna ad altri o che qualcuno prefigge a sé stesso di fare: questo è il tuo c. per oggi; il mio c. è finito. In partic., il lavoro scritto (più raram. quello orale) assegnato agli studenti per casa, o la prova scritta che si fa in classe: c. in classe, c. per casa; c. d’italiano, di matematica; dare, assegnare, far fare, dettare un c.; fare, finire il c.; ritirare, correggere i compiti.
La Treccani, faro culturale indiscutibile, io sospetto che un piccolo aggiornamento dovrebbe farselo, eh. Ma lo dico tra queste quattro righe quasi segrete e lo negherò di fronte al Tribunale dell’Inquisizione dell’Accademia della Crusca, se chiamata a testimoniare contro di me. Perchè, da tempo aleggiano venti di rivoluzione, di indignazione, di rivolta, all’inno di “basta con i compiti a casa!” e la faccenda si è fatta’ annosa: insegnanti, pedagogisti, genitori (psicologicamente disfatti da una vita al seguito dei compiti dei figli) si interrogano da tempo sull’utilità, la necessità, la quantità dei compiti a casa.
Era il lontano 2012 quando Maurizio Parodi, dirigente scolastico di Genova e autore di vari saggi tra cui «Basta compiti!» (Sonda, 2012) perorava la causa con ogni mezzo, arrivando nel 2020 a far pervenire nelle mani dell’ex Ministro Bussetti e del Sottosegretario Salvatore Giuliano il decalogo “Regola compiti”. E’ nato un movimento Basta compiti! che tramite l’omonima campagna ha raccolto oltre 38 mila adesioni. Esiste anche il sito www.bastacompiti.it ?). Non siamo l’unico paese che battaglia per il tema: nelle Filippine sono arrivati anche alla proposta di legge No Homework! E comunque la nostra Convenzione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ratificata dallo Stato italiano Il 27 maggio 1991, con Legge n.176, all’art.31 sancisce, per ogni bambino/a e ragazzo/a, “il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età…“.
In questo panorama variegato ma motivato dallo stesso anelito di giustizia e sopravvivenza, di recente si è alzata una voce di senso cha ha cominciato a guardare non il particolare ma il generale (che spesso è il vero male del mondo): la petizione “Ristudiamo il calendario”di WeWorld (Onlus operativa dal 1999 su vari fronti sociali) e Mammadimerda (blog molto noto nato nel 2016 come narrazione di una maternità alternativa) chiede “alle istituzioni di ascoltare la voce delle famiglie e pensare a un nuovo tempo scuola a partire dalla rimodulazione del calendario scolastico“. Perché il tema è quello: se questi benedetti figli hanno da passare a casa tre mesi l’anno è chiaro che due compiti glieli si dovrà pur dare perché riescano ancora a leggere e scrivere a settembre, ma se si considera che quei tre mesi nascono perché un tempo la cosa si rendeva necessaria per aiutare le famiglie contadine nel lavoro dei campi, ecco, diciamo che il panorama s’è fatto diverso negli ultimi 50 anni, no? Quindi forse, una revisione, almeno alla francese – per quanto possa farci rosicare ispirarci ai temibili cugini d’oltralpe – dei tempi scolastici s’ha da fare. Perché quei tre mesi, nel vuoto cosmico donato dalla pausa scolastica, si riempiono per lo più di corsi estivi di ogni genere e tipo, di babysitteraggi a gettone, di nonni-schiavi h24, di fiumi di soldi per chi li ha e di fiumi di nulla per chi nulla ha, con evidente incremento della disparità sociale.
In questo andazzo di incertezza e voci disparate che si sommano, si stagliano i proff. duri e puri che continuano imperterriti a darli i compiti, dalle elementari, con i meravigliosi sussidiari delle vacanze che contengono tuttecose, matematica-lettura -disegno e di norma si compilano compulsivamente nella settimana precedente lo start di settembre, con l’aiuto di chiunque possegga un pollice opponibile, ma volendo anche del gatto di casa se abbastanza evoluto, per passare alle medie, dove di norma si usano fotocopie e file scaricati dal drive condiviso della classe, fino alle superiori, dove si oscilla tra “almeno leggete qualcosa” dei docenti più pigri ai compiti già segnati sui primi giorni di scuola di settembre, mossa che nel mio personale caso mi ha fatto sussultare con un conato di vomito pensando che mancano solo due mesi e quindici giorni prima che la giostra riparta.
E quindi, cara E., che fare? Compiti sì, compiti no?
Ti direi, la parola a chi ne sa e quindi, fuoco alle polveri proff, tocca a voi.
Ci vediamo questa sera al Comala!