Le mie gambe, la disabilità, la poesia

Stanca e pensosa, dopo aver sceso la solita rampa di scale, aprii con un po’ di fatica il portone e mi affacciai sul tratto di strada, davanti alla mia casa. Un gruppo di persone stava arrivando sul marciapiede alla mia destra, tra loro distinsi un ragazzo che avanzava con disinvoltura, appoggiandosi ad una stampella bianca. Mi girai di scatto a sinistra, per decidere se potevo scendere l’alto gradino che dava sulla strada, appena in tempo per evitare un anziano signore, seduto in carrozzina e spinto da una giovane donna con delle borse della spesa. Una persona con la stampella, una in carrozzina ed io col deambulatore ci siamo incrociati come seguendo una coreografia. La danza emozionante del ritorno alla normalità della vita, nonostante la disabilità. La sceneggiatura del film della mia vita, mi aveva offerto un momento di sottile poesia. 

Corredandola con un’immagine diRoberto Porcella, che ha illustrato anche le Avventure semiserie delle mie gambe (il mio libro, edito dallaGolem) ho cercato di riproporre una breve istantanea della mia quotidianità di persona disabile, una nuova avventura delle mie colonne portanti. In questo ho seguito lo stile dei miei brevi ritratti di corsia, con cui ho iniziato la mia collaborazione con La Stampa anni fa. Arrivai quasi dal nulla, in un piccolo spazio della copertina domenicale della cronaca di Torino.

Un frammento del mondo della disabilità, attraverso momenti rarefatti. Hanno ragione Simonetta Morelli eAntonio Giuseppe Malafarinala poesia può essere il linguaggio privilegiato per parlare di disabilità.

Un gioco da tavolo sulle barriere architettoniche

Immaginiamo sei personaggi:  Fabio, Giorgio, Mauro, Adele, Fanny e Marta. Fabio ha una sedia rotelle, che ha battezzato Isotta. Per lui è come una fedele compagna. Il gruppo di amici ha delle avventure, che vengono però minacciate dalla presenza di numerose barriere architettoniche da aggirare! Il tutto si svolge su un tabellone illustrato come un gioco dell’oca sulla disabilità. Vi sto infatti raccontando diCiack si aggira, il gioco da tavolo ideato da Ernio De Luca e realizzato da Muoviamoci Insieme Centro S.r.l., un’azienda che garantisce, gratuitamente, mezzi e strumenti per sostenere la mobilità di persone con disabilità. Ernio è un ingegnere di 39 anni che vive a Roma, in carrozzina dal 2001 a causa di un incidente. ” L’idea è nata dal desiderio di sensibilizzare le persone sul tema della disabilità – ha raccontato alla redazione di Superabile– Per questo e per lavorare a lungo raggio mi sono dato come obiettivo quello di comunicare con i bambini di oggi, ossia gli adulti di domani. Il gioco è lo strumento ideale per raggiungere il mio scopo”. Fantastico, l’autore di “Ciack si aggira” sta affrontando il suo handicap nel modo che trovo più vicino al mio sentire, cioè raccontandosi cercando di diffondere la cultura della disabilità.

Nel gioco si trova un percorso all’interno del quale troviamo caselle che ci rallentano o che ci bloccano per uno o più turni, o caselle con delle barriere che ci costringono a tornare indietro.”Ovviamente ci sono anche delle agevolazioni lungo il percorso. Ogni giocatore potrà conoscere e aggirare gli ostacoli che rappresentano appunto le barriere architettoniche. In questo modo i bambini potranno immedesimarsi e comprendere le difficoltà di chi utilizza sedie a rotelle o altri ausili per la mobilità” conclude Ernio. Il gioco è rivolto a bambini da sei anni in su, e si può ordinare all’indirizzo: [email protected]. Sapete che vi dico? Io ho già voglia di comprarlo, oltretutto a Natale è più divertente giocare insieme. Sarebbe bello che molte famiglie con bambini lo comprassero per giocarci in questi giorni di festa. Sarebbe una bella pubblicità a quest’ idea davvero azzeccata. Ciao a tutti, io vado a giocare!

Noi disabili ci sentiamo sempre come dei canditi a Natale

Anche oggi vi ripropongo un pezzo scritto l’anno scorso sul mio blog de La Stampa Sarà che  odio le feste comandate, ma quest’anno mi sento un po’ ribelle nei confronti della mia condizione di disabile, delle barriere e dell’incomprensione che circondano tutte le persone che vivono questa condizione. Altro che simbolo dorato dell’omino in carrozzina che spinge le sue ruote verso nuovi treguardi. Ci siamo stufati della retorica e dei piagnistei per far sentire gli altri più buoni!

Devo dire la verità, mi sento di far parte di una riserva indiana! Esistono persone solidali, che sanno dare un sincero ed utile sostegno, ma appartengono ad un’altra riserva di pochi illuminati. Sono stanca, demotivata, forse priva di stimoli! Lagrinta c’è, ma preferisco tenerla in serbo per momenti più favorevoli.Chissà se mai ce ne saranno! Ora ho voglia di fare l’osservatrice e, perché no, di sorridere. Lo sapete come ci sentiamo noi disabili? Avete presente la pubblicità del panettone Motta dello scorso anno? Cliccate qui vederla. Noi disabili ci sentiamo così come dei canditi a Natale! Gli eterni scartati della pubblicità Motta!

Ma quale disabilità, la mia vita è musica

La storia di Valeria l’ho già raccontata questa estate sul mio blog de La Stampa, ma è troppo bella per non riproporla!

La mia idea di felicità è stare sotto un palco con un cocktail in mano ! Questa la frase di presentazione del profilo Facebook della trentanovenne Valeria Carletti, impiegata amministrativa. carrozzata di Torino. 

Da quando ho scoperto la disabilità sul mio fisico ed ho iniziato a scriverne nei miei blog, ho cominciato a stringere amicizia sui social con molte persone, che vivono la disabilità con coraggio e leggerezza.Valeria è una delle mie preferite, che vive col sorriso ed una grande voglia di conoscere e buttarsi nella mischia. Per lei la carrozzina è solo un mezzo di trasporto. Soprattutto è  una grande frequentatrice di concerti. Valeria ama la musica indie italiana ed in questo campo ha una conoscenza da vera esperta. 

Cara amica ti confido un segreto, ti seguo  da tempo e ti stimo e ti invidio tantissimo! Anche io amo la musica, ma non ho il tuo coraggio!

                     

Nella foto che vedete è di oggi ed è in ottima compagnia. Sono al suo fianco Daniele Silvestri, Manuel Agnelli, Max Gazzè, Samuele Bersani e Nicolò Fabi. Praticamente il top! Perchè la combattiva Valeria non si è lasciata sfuggire la partecipazione al MI AMI, il festival della musica importante di Milano.                          

Sulla sua carrozzina elevabile ha seguito tutto al meglio. Ha visto ed ascoltato i suoi artisti preferiti ed ha scambiato con loro chiacchiere e foto perché Valeria per loro non è solo una fan, ma una cara amica!

Più di cinquemila like su Facebook ad una presa in giro ad una donna affetta da nanismo. Non si fa aspettare la presa di posizione di Valentina Tomirotti

Valentina Tomirotti è sicuramente una delle  professioniste italiane della comunicazione, che più rappresenta l’immagine moderna della disabilità, sensuale disinibita, affermata e stimata sul lavoro, autoironica ed indipendente. Per saperne di più sulla trentacinquenne mantovana, potete cliccare qui oppure su quest’altro link.  Vi ho incuriosito? Spero di si, perché nelle prossime righe vi racconterò della sua nuova battaglia social. Intanto leggete il contenuto di questa foto, presa dalla pagina Facebook Commenti memorabili

                              

Questo post ha ricevuto più di cinquemila like. Il suo significato è solo uno sberleffo ad una donna bassa di statura. “Che pesantezza ridere sempre delle stesse cose. Che monotonia usare sempre le solite parole per cercare di far ridere. Spero che a Natale vi arrivi un vocabolario da sfogliare o almeno in fronte”. È la risposta di Valentina sul suo profilo Facebook. Il livello raggiunto in molti ambienti è totalmente sconfortante. Incapaci di trovare spunti veranente nuovi per far ridere, si ricorre all’abilismo, all’uso di un limite fisico come strumento di presa in giro. Eh si cara Valentina, ci vorrebbero nuovi vocabolari. Anzi, come diceva il compianto Franco Bomprezzi, bisognerebbe proprio riformulare il vocabolario della disabilità! 

Quando le gambe salgono su un Trono di Flebo

               Una manciata di racconti brevissimi, delle istantanee di vita quasi tutte al femminile. La disabilità è il tema ricorrente, ma non è altro che uno spunto per cogliere situazioni, attimi di poesia. La storia delle badante che parlava con i fantasmi, la grazia del principe Ivan o la visione immaginaria di una Mia Farrow con le stampelle in fondo sono proprio delle poesie in forma narrativa. Come ha detto il giornalista di Invisibili, il blog del Corriere della sera sulla disabilità, Antonio Giuseppe Malafarina, l’arte poetica è uno dei mezzi di espressione che si addicono di più nel raccontare la disabilità in modo non pietistico.

Non riesco a dare un nome preciso al mio lavoro, a quello che io sono nel profondo: blogger, racconta storie, giornalista ?

In fondo sono uno strano composto di emozioni e sensibilità, che appartengono a tutti i ruoli elencati e a tanto altro! Nel mio ebook “Il trono di flebo”, ho voluto mantenere il mio strano estro di disegnatrice e la passione per i booktrailer.

Potete vedere il risultato della mia collaborazione con Mariagrazia Talarico che ha realizzato un piccolo film con i disegni del libro. Come sottofondo, Mariagrazia ha usato un brano di musica barocca, con una scelta narrativa, che mi è davvero piaciuta molto. All’inizio la pista musicale è registrata al contrario e anche le scritte sono proposte a ritroso. Ad un certo punto però tutto sembra aggiustarsi e musica e parole sono proposte nella giusta sequenza! Si crea così una bella metafora della disabilità e della narrazione su queste tematiche. Quello che appare strano o dissonante, nel racconto e nel disagio, alla fine riesce a creare una stupenda melodia!

Le donne di cui parlo sono moderne, coraggiose e disincantate. Nonostante la disabilità, non necessitano di un uomo al loro fianco per esprimersi. Sanno individuare il posto che preferiscono, che può anche essere un trono scherzoso, fatto di flebo, ma serve a individuare la loro centralità, la capacità di affrontare al meglio le situazioni. Anche io ho cercato di trasformare la mia realtà un po’ difficile in arma di riscatto. La forma del racconto molto sintetico è quella che mi ha permesso, ancora ricoverata per un attacco di sclerosi multipla di passare dal giornalismo alla narrativa, con quei “Ritratti di corsia” che hanno segnato l’inizio della collaborazione con La Stampa, ma anche della mia attività di scrittrice. Ho scoperto che ritagliando istantanee, si possono esprimere delle verità o almeno delle emozioni vive e sincere. Fatevi rapire dalle parole e dalle immagini, Non ve ne pentirete! Il libro è scaricabile qui

 

Basta polemiche sulla trap! La Dark polo gang mi ha fatto scoprire un poetico film sull’Alzheimer

Oggi ho deciso di proporre un post un po’ diverso, leggero poetico, dedicato anche alla mia figlia sedicenne Eleonora e ai suoi gusti musicali. Attraverso Eleonora, ho imparato a conoscere la musica trap ed il suo gruppo preferito, la Dark Polo Gang.Non voglio tornare sulle polemiche legate a questo genere musicale, scoppiate in seguito alla recente tragedia prima del concerto di Sfera Ebbasta. Non nego che all’inizio sono rimasta un po’ perplessa, incapace di comprendere la loro musica. Mi sono sentita vecchia devo ammetterlo! Ho cercato di documentarmi per capire meglio  ed ho scoperto che uno dei componenti del gruppo DarkSide, cioè Arturo Bruni  è figlio di Francesco Bruni, un regista sensibile che mi piace molto ed è l’autore di Tutto quello che vuoi,  un film che rientra in pieno nelle tematiche di cui mi occupo anche in questo blog. La pellicola, in cui ha una piccola parte anche Arturo, parla dello strano rapporto di aiuto ed amicizia tra un ragazzo ventenne ed un anziano poeta. con i primi segni dell’Alzheimer. Il ruolo dell’anziano è affidato ad uno struggente Giuliano Montaldo, in un insolito ruolo d’attore. Devo dire che mi sento risollevata. Ora so che musica ascolta Eleonora ed in fondo, mi sento di condividere le sue scelte! Dimenticavo, cercate di vedere questo gioiellino.

Le mie gambe parlanti ora hanno un fratello! É un intestino col morbo di Crohn

Incredibile, le mie gambe parlanti hanno un fratello! Tranquilli, non sono impazzita. Come sto ripetendo in continuazione, un anno fa ho scritto “Avventure semiserie delle mie gambe”, un libro in cui parlo alle mie gambe con la sclerosi multipla forse loro ad un certo punto si decidono a rispondermi. A sorpresa, giorni fa ho scoperto di non essere sola. Una giovane scrittrice di Torino, ha addirittura dedicato un libro al suo intestino affetto dal morbo di Crohn.                                  La trentaduenne Malvina Massaro, ha infatti pubblicato con Amazon ” Tino non ci sta”, che racconta dell’imprevisto ricovero di Nina, la protagonista. che si sottoporrà ad un stomia intestinale. Tino naturalmente è il diminutivo di intestino e quello dell’autrice è cosi serio e saggio da meritarsi la personificazione.

Nina conoscerà così il famigerato sacchetto per la raccolta delle feci e le difficoltà per gestirlo ed indossarlo in modo discreto , per far sì che non sia troppo visibile. Nella vita reale la scrittrice convive con il morbo da circa quattro anni. La patologia di Crohn  è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino, che provoca una vasta gamma di sintomi, ma può anche causare complicazioni in altri organi e apparati. Il morbo  è considerato una malattia autoimmune, che tende a presentarsi inizialmente negli adolescenti e nei ventenni, con un altro picco di incidenza tra i cinquanta e i settant’anni, anche se può manifestarsi a qualsiasi età.

Al fondo del libro, Tino dedicherà un lungo appello a Nina, dichiarandosi innocente da tutti i guai capitati alla sua proprietaria negli ultimi anni e la supplicherà di mangiare meglio e di prendersi cura di se stessa. La lettura è leggera e distrugge con eleganza i tabù ed i timori nei confronti di un intervento che fa sicuramente paura, soprattutto ai più giovani. Malvina sembra voler rassicurare in  ogni pagina i lettori, dando il messaggio che il morbo di Crohn si può affrontare e gestire. A questo proposito la ragazza ha creato anche il sito https://malvinamassaroblog.com in cui fornisce informazioni e consigli a tutti i malati, con particolare attenzione ai più giovani e ai neodiagnosticati. In chiusura, vi invito ad ascoltare l’assolo di Mike Mccready, membro dei Pearl Jam,  famoso malato di Crohn.   

A disabilandia si tromba, fatevene una ragione!

Cominciamo a parlare di un paio di gambe molto particolari ed ironiche, quelle di Marina Cuollo, autrice di A disabilandia si tromba, edito dalla Sperling & Kupfler e recensito da Mara Maionchi. Il titolo è volutamente provocatorio, vuole sottolineare l’eguaglianza tra disabili e normodotati, in tutti gli aspetti della vita, anche quello della sessualità (no, noi disabili non siamo angeli asessuati!).

Sono una microdonna, alta un metro e una mentina, che ha bisogno di mostrarsi sempre un po’ incazzata con il mondo per dire la sua. -afferma Marina all’inizio del libro – Sono venuta al mondo con una sindrome genetica molto rara: la Melnick Needles, che non è una marca di siringhe ma un’osteodisplasia scheletrica che conta un centinaio di casi in tutto il mondo. Uso la sedia a rotelle e di notte dormo abbracciata a un ventilatore polmonare, ma rompo ancora le scatole in giro. L’autrice è nata a Napoli nel 1981e non è affatto adatta al ruolo di macchietta in cui molti non disabili vorrebbero relegarla. Ha una laurea in scienze biologiche ed è dottore di ricerca in processi biologici e biomolecole, grafica pubblicitaria e scrittrice umoristica. Marina irride con vena caustica i comportamenti assurdi del normodato medio, quando si imbatte nelle persone con disabilità.

Affonda particolarmente il coltello raccontando del mondo del lavoro dei pregiudizi e le discriminazioni, come la volta in cui le proposero di essere pagata per non fare nulla, se non comparire in dépliant ed occasioni pubbliche, per testimoniare l’apertura al sociale dell’azienda.

Convinta che ridere di qualcosa di brutto aiuti a liberarsi da stereotipi e ipocrisie, Marina strappa tutte le etichette che spesso incolliamo su ciò che ci spaventa o che non conosciamo, e spazza via con la sua penna cinica ed esilarante tabù e  preconcetti.citazione dalla copertina. Consiglio vivamente di leggerlo. A disabilandia si tromba dovrebbe fare parte per legge della formazione degli addetti alla selezione del personale! Cosa aspettate? Accatevillo, direbbero i partenopei !