A poche ore dalla scadenza dei termini di pagamento dell’Imu agricola, fissati per il 10 febbraio, l’Istat ha disconosciuto con una nota ufficiale di essere responsabile della classificazione dei comuni montani utilizzata per la quantificazione della tassa.
In merito alle notizie pubblicate in questi giorni dai mezzi di informazione, che imputano all’Istat la classificazione dei comuni montani utilizzata per la quantificazione dell’IMU, si precisa quanto segue:
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La classificazione per grado di montanità, che prevede la suddivisione dei comuni in “totalmente montani”, “parzialmente montani” e “non montani”, non è una “classificazione Istat” ma l’esito dell’applicazione dell’art. 1 della legge 991/1952 – Determinazione dei territori montani (Si veda in proposito: http://www.simontagna.it/portalesim/comunimontani.html#LetteraC). Tale classificazione è stata trasmessa all’Istat dall’UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), come viene anche specificato nelle note dell’elenco pubblicato, ed è stata inclusa tra le informazioni di interesse ai fini dello studio statistico del territorio comunale congiuntamente ai codici statistici comunali.
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La legge 991/1952, oltre a stabilire i criteri di classificazione geomorfologici (l’80% della superficie al di sopra dei 600 metri o un dislivello maggiore di 600 metri) e di tipo reddituale dei terreni (reddito imponibile medio per ettaro inferiore a 2.400 lire), disponeva che la commissione censuaria centrale istituita presso il Ministero delle Finanze fosse incaricata di stilare e mantenere il conseguente elenco dei comuni montani e poteva includere tra i territori montani anche comuni che, in deroga alle condizioni sopra citate, fossero già classificati come montani dal catasto agrario o danneggiati da eventi bellici (art 1) o appartenenti a comprensori di bonifica montana (art. 14). Ma l’abrogazione degli articoli 1 e 14, avvenuta con una successiva norma (legge 142/1990), ha di fatto impedito la possibilità di rivedere e/o aggiornare tale classificazione.